Apre la caccia ai cervi: da abbattere 460 esemplari

Il caso Via il 16 ottobre per il comprensorio delle Prealpi. Tra Porlezzese e Tremezzina segnalati numerosi danni ma anche vari incidenti

Tremezzina

Nel Comprensorio simbolo per danni e incursioni da parte dei cervi - quello delle Prealpi Comasche, 18 mila ettari dal Bisbino a Menaggio passando per la Tremezzina, tutta la Val d’Intelvi e una parte del Porlezzese - è dunque iniziato il conto alla rovescia per l’inizio della caccia di selezione a questo temuto ungulato, fissato per giovedì 16 ottobre. In base al Piano di abbattimento vidimato da Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) nel Comprensorio delle Prealpi Comasche sino al 31 gennaio potranno essere abbattuti 460 cervi, contro i 420 dello scorso anno.

L’anno scorso 372 capi

Per inciso, gli abbattimenti - dato anche il periodo di caccia concentrato in tre mesi e mezzo - lo scorso anno sono stati 372. A impressionare, insieme allo stillicidio continuo di investimenti registrati con cadenza giornaliera lungo la Regina e le principali direttrici delle valli adiacenti, Val d’Intelvi in primis (il nostro giornale negli ultimi giorni ha dato conto di tre investimenti a stretto giro avvenuti lungo la Regina, due a Carate Urio e uno a Laglio lungo la Regina) - è il dato registrato dai censimenti effettuati dai cacciatori, in vista delle determinazioni di Ispra sul Piano di abbattimento.

Ebbene nel Comprensorio di Caccia delle Prealpi Comasche sono stati censiti ben 2095 cervi, il che significa che la popolazione attuale potrebbe arrivare comodamente aggirarsi tra le 3 le 4 mila unità. E questo dà l’esatta dimensione di quanto forte sia la pressione di questo ungulato sulle strade, ma anche sulle (poche) coltivazioni agricole rimaste in zona e così su giardini privati, orti nonché sui bordi delle strade, che con le prime gelate torneranno a “ospitare” il sale stradale, cibo particolarmente ambito, aumentando ulteriormente la possibilità di schianti soprattutto nelle ore notturne.

Le aree montane

Porlezzese e Tremezzina si divideranno tre quinti degli abbattimenti (e non potrebbe essere altrimenti), mentre gli altri due quinti saranno spalmati sulla Val d’Intelvi e sul Bisbino. La caccia di selezione - terminato il periodo romantico (per gli appassionati del genere) del bramito, momento clou della stagione degli amori - si conferma ancora una volta cruciale per il destino di ampie zone del territorio. Tanto più che i cacciatori (110 quelli abilitati nelle Prealpi Comasche) potranno riappropriarsi anche delle aree definite “valichi montani” dentro le quali la caccia era stata inibita.

Lunedì un testo approvato in Consiglio regionale ha eliminato - secondo quanto riferito in una nota dalla consigliera Anna Dotti (Fratelli d’Italia) - «il divieto di caccia sui valichi montani interessati dalle rotte migratorie, restituendo un quadro chiaro ai cacciatori lombardi e tutelando la tradizione venatoria e il patrimonio faunistico. La caccia merita una disciplina priva di ambiguità».

Un provvedimento che ha trovato la ferma ostilità dei Verdi, con il consigliere regionale dem Angelo Orsenigo che ha fatto notare via social come «su un tema così caro alla maggioranza i banchi della Giunta erano vuoti, con solamente l’assessore competente arrivato in aula ben oltre l’inizio del Consiglio regionale».

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