L’ultima telefonata al fratello prima della tragedia: «Non si può accettare quello che è successo»

Moltrasio Le parole di Ahmed e la fine dei due egiziani uccisi nella baracca dal monossido. «Ho parlato con Abdelaziz poco prima... era un bravo ragazzo»

«C’eravamo sentiti la sera prima. Sapevo che lavorava su quel cantiere a Como. È molto dura accettare quello che è successo». Ahmed, egiziano, è il fratello di Said Salah Ibrahim Abdelaziz, 27 anni, che avrebbe compiuto i 28 al primo di novembre. Salah è una delle due vittime del monossido nel cantiere edile di Moltrasio, aperto per la realizzazione di «fabbricati di civile abitazione» in via Ranzato. A uccidere lui e il compagno di lavoro Said Samir Mohamed Mahmoud, 29 anni, le esalazioni provenienti da un secchio di vernice che era stato utilizzato come fosse un braciere per scaldarsi nel corso di quella che è stata la prima notte con temperature più basse rispetto ai mesi scorsi.

Il fratello di Abdelaziz fa il muratore anche lui, «il carpentiere» ci tiene a precisare, in un italiano stentato, parlato a fatica e travolto ancora dall’emozione per quanto avvenuto. Ahmed è in regola, assunto e impegnato su un altro cantiere rispetto a quello del fratello che forse aspirava a compiere il suo stesso percorso, trovandosi un giorno con un contratto di lavoro in mano. «Un bravo ragazzo – ci dice ricordandolo – Era arrivato da un mese (in realtà risulterebbe da un po’ di più, ndr), Sapevo che lavorava in quel cantiere, ci eravamo sentiti solo la sera prima, poi il giorno dopo è arrivata quella notizia». Difficile chiedergli di più, come del resto di più non dice lo studio legale di Milano che è stato nominato per tutelare le due vittime della tragedia di Moltrasio.

I carabinieri del Nucleo Ispettorato del lavoro, i colleghi della stazione di Cernobbio e l’Ats sono all’opera ininterrottamente in queste ore nel tentativo di ricostruire la storia di queste due giovani vittime. Si sa, ad esempio, che Abdelaziz aveva chiesto asilo a Verona nelle scorse settimane, e da lì aveva poi raggiunto la zona di San Siro a Milano dove viveva e da dove era poi partito per raggiungere Moltrasio.

Da tempo era in quel cantiere, almeno da inizio agosto, e da tempo dormiva in quel container dove ha poi trovato la morte. Samir invece, da quanto sembrerebbe emergere dalle carte, era passato dalla Romania prima di arrivare in Italia. Ma il vero lavoro degli inquirenti sarà quello di ricostruire il perché della loro presenza in quel cantiere. Per questo motivo, partendo proprio da quando anche dichiarato dal fratello – «erano carpentieri» – si cercherà di capire a quali opere erano impiegate le due vittime per poi risalire all’eventuale impresa che aveva commissionato i lavori.

Al momento, infatti, nessuno avrebbe detto che i due erano loro dipendenti. Il fascicolo aperto in procura, sul tavolo del pm Alessandra Bellù, è per ora con l’ipotesi di reato di omicidio colposo ma è ancora a carico di ignoti. Fascicolo che a breve dovrebbe venire affiancato da un secondo filone (sempre penale) che sarà esclusivamente legato ad eventuali violazioni riscontrate nel cantiere di Moltrasio in materia di sicurezza.

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