Spluga passo d’autore

Numero da collezione de “L’Ordine” dedicato agli autori del Grand Tour nel bicentenario della nuova strada alpina

«Il corriere di Lindò va e viene quando può» si diceva a Milano alcuni secoli fa. Il servizio che collegava la cittadina tedesca di Lindau con il capoluogo lombardo entrò in azione esattamente 700 anni fa, nel 1322, e fu il primo a utilizzare il passo dello Spluga come porta d’accesso prediletta all’Italia per chi proveniva dal Centro e Nord Europa. L’obiettivo era quello di favorire i commerci, ché ancora l’idea del Grand Tour era di là da venire: l’avrebbe lanciata nel 1670 il prete-viaggiatore inglese Richard Lessels e si sarebbe affermata come una moda solo tra la seconda metà del Settecento e il secolo successivo, come abbiamo più volte raccontato su “L’Ordine”.

Se oggi dedichiamo un numero monografico del nostro supplemento ai grandi viaggiatori che hanno visitato la Valchiavenna, la Valtellina e il lago di Como provenendo dallo Spluga, il motivo principale non è però l’anniversario del Corriere di Lindau, che pure lo meriterebbe perché fu una forma di eroismo dei trasporti su un tracciato che in alcune stagioni dell’anno era più adatto ai lupi che ai cavalli, bensì il bicentenario della nuova strada realizzata sotto la direzione dell’ingegner Carlo Donegani tra il 1818 e il 1822. Assieme alla Lecco-Colico, costruita sempre da Donegani tra il 1825 e il 1831, rese lo Spluga più competitivo rispetto a passi come il Brennero che fino a quel momento gli erano stati preferiti.

Fine di un’epoca

Le nuove strade, e il cambiamento degli equilibri politici europei, finirono per mandare in pensione lo stesso Corriere di Lindau, che effettuò l’ultima corsa nel mese di settembre del 1826. Di massima il viaggio partiva da Lindau il lunedì mattina e si concludeva a Milano il sabato, facendo stazione all’Albergo dei Tre Re, nei pressi di Porta Romana, da dove il mercoledì la “carovana” ripartiva alla volta della Germania. Tuttavia, operando tutto l’anno su un percorso lungo 325 chilometri ed estremamente esposto ai capricci della natura, tra monti e laghi, spesso subiva ritardi di diversi giorni.

La strada di Augusto

Secondo Horst Schmollinger, studioso berlinese, un servizio postal-commerciale tra Coira e Milano era già attivo dal 1198, mentre il Corriere di Lindau avrebbe seguito dal 1322 al 1518 percorsi a volte differenti, poi stabilizzatisi sull’asse che passa dallo Spluga. Dati, e date, certamente importanti, ma che appaiono quasi dettagli al cospetto di un monte su cui l’uomo cominciò a insediarsi dal IX secolo a. C. e dove la prima via Spluga - anzi, all’epoca via Drusilla Augusta, dal nome della sua terza moglie - fu fatta tracciare dall’imperatore Augusto per facilitare la conquista della Rezia,

Un viaggio di questa portata, per laghi monti e valli che sono l’incarnazione del sublime, è innanzi tutto un’immensa emozione. E noi vogliamo farvela rivivere attraverso le parole di illustri viaggiatori che lo Spluga lo hanno attraversato e vissuto, da Friedrich Nietzsche a Edith Wharton. Poi vi consigliamo di approfondire l’esperienza visitando il Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo a Campodolcinio diretto con passione da Enrica Gunaella.

Non riproponiamo autori che avevamo già “antologizzato” nel numero dedicato ai 350 anni del Grand Tour uscito il 6 settembre del 2020 (lo trovate nel nostro archivio digitale). Però almeno un pensiero a Percy Shelley, nel 200° della sua morte, non possiamo non rivolgerlo. Alti come lo Spluga i versi del poema “Rosalind and Helen” (1822): «Oltre la regione delle piogge dissolventi, / Sulla fredda montagna che lei chiamava / La sua tomba; e sul precipizio di Chiavenna / Hanno innalzato una piramide di ghiaccio permanente, / i cui lati lucenti, prima che il giorno fosse iniziato / catturavano il primo bagliore del sole non ancora sorto /L’ultimo, prima che affondasse».

Poi vi sono quelli che dallo Sopluga sono passati, ma hanno scritto poco o nulla, come Goethe, che viaggiò con il Corriere di Lindau da mercoledì 28 maggio 1788 a lunedì 2 giugno nel suo ritorno dall’Italia alla Germania. Da lui, però, sappiamo il costo del biglietto: 122 gulden, monete d’oro del tempo. Alcuni accenni al transito sullo Spluga, per quanto fuggevoli, aprono mondi: Erasmo da Rotterdam il 9 giugno 1508 scrive a Tommaso Moro di aver pensato, mentre superava le Alpi a cavallo per tornare in Inghilterra, a un libro «scherzoso»... l’“Elogio della follia”! (per fortuna il suo destriero non si imbizzarrì come quello di Andersen che incontrerete nelle pagine seguenti).

Commuove pensare che di qui sia passata Mary Ward, di ritorno dal pellegrinaggio a piedi che aveva compiuto nel 1637 per incontrare il papa a Roma e ottenere il riconoscimento delle sue “dame inglesi” e delle scuole femminili da loro istituite, senza più essere bollata (e imprigionata) come eretica. In un libro uscito nel 2021 in Inghilterra “Mary Ward: First Sister of Feminism”, la sua biografa Sidney Thorne ripercorre la stessa strada: «A Milano Mary pregò ancora sulla tomba di Carlo Borromeo, forse per un viaggio di ritorno sicuro attraverso le Alpi. Questa volta stava seguendo l’itinerario del Corriere di Lindau [...]. Esso attraversava le Alpi dal vecchio passo dello Spluga, utilizzando una stretta sporgenza scavata nella parete rocciosa della dirupata gola del Cardinello. Quando ho camminato sui passi di Mary nell’estate 2017, un improvviso vortice di nebbia ha ostacolato il mio primo tentativo di attraversare la gola e il grandioso precipizio su un lato mi ha fatto venire le vertigini quando finalmente ce l’ho fatta. Questo è successo a metà agosto. Mary Ward percorse la stessa strada a novembre, quando i giorni erano corti, le temperature gelide e i sentieri ghiacciati e insidiosi. Persino la moderna strada dello Spluga spesso chiude da novembre a maggio». Una chiusura - detto per inciso - che vista da questo lato delle Alpi, ma decisa dall’altro, pare proprio una... follia.
Pietro Berra

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