Contro la Sindrome di Brugada c’è una nuova strategia di cura

La malattia La “Brs” è una cardiopatia che può causare morte improvvisa. Al Policlinico San Donato un trattamento che garantisce soluzioni durature

Importanti novità arrivano per i pazienti con sindrome di Brugada (Brs). Un nuovo studio condotto all’Irccs Policlinico San Donato, infatti, conferma l’efficacia dell’ablazione del substrato aritmico come migliore strategia di cura per questa malattia genetica che causa un aumentato rischio di aritmie ventricolari maligne e di fibrillazione ventricolare, con conseguente sincope e morte improvvisa.

La sindrome di Brugada (BrS) è una cardiopatia su base genetica in grado di provocare varie manifestazioni aritmologiche, con un aumentato rischio di morte improvvisa. Le aritmie possono esordire a qualsiasi età, anche se si manifestano più frequentemente durante l’età adulta, tra i 25-45 anni. Si stima che la sindrome sia responsabile di almeno il 4% di tutte le morti improvvise e tra queste di almeno il 20% delle morti di pazienti con cuore apparentemente strutturalmente normale. Si stima anche che la prevalenza della sindrome di Brugada nella popolazione generale sia attorno a 5 casi ogni 10mila individui.

La malattia è presumibilmente diffusa in tutto il mondo, con incidenza simile in Europa e negli Stati Uniti, tendenzialmente ancora più elevata nei paesi asiatici. La sindrome è probabilmente la principale causa di morte nei pazienti al di sotto dei 40 anni di età. In ogni caso la patologia sembra essere sottostimata, a causa delle difficoltà di diagnosi, dovute al fatto che il primo sintomo è spesso la morte improvvisa, e che il pattern elettrocardiografico caratteristico è molto variabile nel tempo.

Era il 2015, quando il gruppo di ricerca diretto dal professor Carlo Pappone, direttore dell’Unità operativa di Elettrofisiologia e Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato, cambiava la storia della cura della Sindrome di Brugada, grazie a una scoperta cruciale, quella del cosiddetto substrato aritmico. Per la prima volta al mondo venne identificato, sulla superficie esterna (epicardica) del cuore a livello del ventricolo destro, un gruppo di cellule che esprimono potenziali elettrici anomali, andando a costituire un’area che si associa alla modalità di presentazione clinica della malattia e al rischio di soffrire di una forma di malattia più aggressiva, quella associata allo sviluppo di aritmie ventricolari maligne.

L’individuazione dei meccanismi della malattia portò a definire l’ablazione del substrato aritmico della sindrome di Brugada come strategia terapeutica in grado di curare efficacemente la patologia, un trattamento che oggi, alla luce delle nuove ricerche guidate dal professor Carlo Pappone, Giuseppe Ciconte, Gabriele Vicedomini, Luigi Anastasia e Vincenzo Santinelli, del Dipartimento di Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato, diventa finalmente una chance di cura stabile e duratura.

Oggi, infatti, lo studio, recentemente pubblicato su Ep Europace conferma il ruolo dell’estensione del substrato aritmogenico della Sindrome di Brugada, il gruppo di cellule anomale sulla superficie esterna (epicardica) del cuore, a livello del ventricolo destro, come fattore prognostico cruciale per eventi ricorrenti di fibrillazione ventricolare, e convalida la sicurezza e l’efficacia dell’ablazione epicardica con radiofrequenza nell’eliminare tutti i segnali elettrici anomali localizzati sull’epicardio, patognomonici della BrS.

Le scoperte evidenziano anche l’importanza, nel mappaggio della superficie epicardica indagata, dell’ajmalina, un farmaco in grado di slatentizzare le anomalie elettriche cardiache latenti al fine della migliore definizione dell’area da trattare con le erogazioni di radiofrequenza.

Questo risultato pone le basi per ulteriori esplorazioni di metodi non invasivi per guidare decisioni cliniche informate.

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