Dal rischio di ulcerazioni nei diabetici alle ortesi plantari per aiutare gli atleti

Diagnosi e terapie L’intervento multidisciplinare consente di intervenire su più fronti. Per chi soffre di diabete è importante intercettare callosità che potrebbero peggiorare

I pazienti con patologie importanti come il diabete e l’artrite reumatoide vengono presi in cura anche dal podologo. L’intervento multidisciplinare, infatti, consente di intervenire su più fronti, a seconda delle esigenze del singolo paziente.

«A livello mondiale nell’equipe diabetologica di specialisti che segue i pazienti diabetici – sottolinea il professor Antonio Serafin – è presente anche il podologo che interviene, per quanto riguarda il piede diabetico, sia in termini di prevenzione che di cura. Il podologo, ad esempio, ispeziona nel tempo il paziente per intercettare callosità e deviazioni che potrebbero portare, se mal compensate, a ulcerazioni. Si tratta di un aspetto molto importante in quanto il paziente diabetico non sente dolore e quindi può camminare sopra a queste ulcerazioni andando a peggiorare la situazione. Insegniamo anche ai pazienti a come monitorare in autonomia i piedi».

Nei pazienti con artrite reumatoide che, invece, sentono molto dolore a causa di deviazioni ossee e articolari, è importante andare a intervenire creando “un letto” sul quale il paziente possa camminare senza sentire dolore.

Ma la podologia entra in gioco anche tra gli sportivi. «La maggior parte degli sport coinvolge gli arti inferiori – spiega il professore - quindi le deviazioni possono portare a cattivi risultati sia come performance sportiva sia come dolori. Il podologo in questi casi interviene con una visita per valutare l’impiego di ortesi specifiche per persone sane ma che, sottoponendo gli arti inferiori a uno stress lavorativo, hanno bisogno di essere aiutate».

Per quanto riguarda visita e diagnosi le modalità dipendono anche dall’età del paziente. Quando, ad esempio, si tratta di bambini che vengono portati dai genitori per una valutazione dello sviluppo motorio, il podologo dopo aver osservato il piccolo paziente camminare, sfrutta il gioco e il divertimento per eseguire una serie di manovre che consentono di individuare se l’età anagrafica corrisponde a quella di sviluppo psicomotorio, oltre a controllare l’appoggio e altri aspetti importanti.

Nell’adulto la visita è divisa in più fasi: l’anamnesi, l’esame obiettivo, l’esame biomeccanico e l’indagine strumentale. «Dobbiamo pensare – precisa il podologo - che lo scheletro del piede pesa mediamente 750/800 grammi, ma durante una giornata una persona sopporta 100/120 tonnellate di peso. Quindi è chiaro che il piede deve essere perfettamente performante per sostenere questi carichi».

L’indagine strumentale consente, grazie all’esame baropodometrico, di verificare, attraverso una pedana dotata di sensori, come cammina il paziente e come distribuisce il carico. Viene anche valutata la postura. In caso di dubbi prima della diagnosi il podologo può fare richiesta di altri accertamenti come esami radiografici o il consulto di altri specialisti.

«In termini di prevenzione – conclude il professore – l’invito è a portare i bambini al compimento dei tre/quattro anni, da un podologo per una valutazione per poi, in caso non ci siano situazioni da segnalare, eseguire una visita attorno ai 18-20 anni, quando potrebbero manifestarsi le prime situazioni. Altra fascia di età importante sono i 40 anni, periodo di insorgenza di patologie più importanti».

L’invito è anche a non trascurare un callo persistente, così come un’unghia del piede che si arrossa frequentemente o un prurito in mezzo alle dita.

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