Dalla Tecar alle onde d’urto: l’energia che guarisce

Terapie strumentali Contrastare il dolore o drenare edemi e versamenti ma anche riattivare le fibre muscolari: ecco con quali trattamenti procedere

Contrastare le infiammazioni e il dolore, drenare edemi e versamenti, ma anche riattivare le fibre muscolari ed eliminare le contratture sono alcuni degli obiettivi delle terapie fisiche, conosciute anche come terapie strumentali. Tecar terapia, ultrasuoni, onde d’urto e altre metodiche possono così essere impiegate per trattare numerose patologie o problematiche.

«Con il termine terapie fisiche o terapie strumentali – spiega Pierpaolo Corbetta, responsabile dell’Unità operativa e Servizio Ambulatoriale di Riabilitazione specialistica degli Istituti Clinici Zucchi di Monza – si va a indicare tutte quelle modalità di trattamento che prevedono la somministrazione di energia per produrre un effetto biologico sui tessuti e quindi ottenere un effetto terapeutico. Le forme di energia che possono essere utilizzate sono diverse e tra queste energie termiche, meccaniche, elettromagnetiche o luminose».

Fondamentale, come spiega lo specialista, ricordare che non esistono delle indicazioni assolute per l’utilizzo di una terapia piuttosto che di un’altra, ma anche che, nella quasi totalità dei pazienti, le terapie fisiche non sono l’unica soluzione, ma possono essere sfruttate come aiuto a altre modalità di trattamento. «Le possiamo usare in combinazione con terapie farmacologiche, terapie manuali, fisioterapia e all’esercizio terapeutico – prosegue - da sole è difficile che possano essere risolutive».

«È essenziale che il paziente venga inquadrato nella sua complessità generale da un medico – conferma Corbetta – in modo che possa essere stilato un progetto terapeutico fondato su un approccio integrato, che consenta di sfruttare i vantaggi delle terapie fisiche senza generalizzarne l’utilizzo e tenendo in considerazione le controindicazioni che in alcuni casi ci possono essere. Spesso, purtroppo, questo passaggio viene saltato e il paziente si dirige, di iniziativa o perché consigliato da qualcuno, su un’unica terapia che molto spesso non porta da nessuna parte. Si tratta di una perdita di tempo e di risorse che porta comunque in una fase successiva a rivolgersi a uno specialista».

Per quanto riguarda l’impiego di queste terapie fisiche tra gli utilizzi più frequenti ci sono trattamenti in ambito muscolare, tendineo e delle ossa, quindi dell’apparato locomotore, ma ci possono essere altre indicazioni specifiche per il sistema nervoso che può essere modulato con alcune forme fisiche come quelle che sfruttano i campi magnetici. Le terapie strumentali si rivelano utili anche nel trattamento del sistema sensitivo, di quello vascolare linfatico, ma possono essere utilizzate anche in ambito estetico. «Per quanto riguarda le controindicazioni – spiega Corbetta – tra queste ci sono la presenza di un pacemaker o di un defibrillatore cardiaco, in quanto l’energia che noi andiamo a somministrare ai tessuti può interferire con il funzionamento di questi apparecchi. Le persone che hanno una recente storia di neoplasia, inoltre, non devono sottoporsi a terapie fisiche». Tra le altre controindicazioni ci sono la gravidanza e la presenza di infezioni in corsoi.

Generalmente è necessario un ciclo di trattamenti per ottenere i benefici. Il numero di sedute dipende dalla terapia fisica. Alcune terapie, come la Tecar terapia, possono dare già un sollievo alla prima seduta, soprattutto in caso di contrattura muscolare o edema post traumatico. Per le onde d’urto generalmente si fanno cicli di tre sedute, per ultrasuoni e laser una decina, ma tutto va valutato in base alla storia clinica del paziente.

«È sempre importante terminare il ciclo di terapie prima di valutare i risultati del trattamento prescritto – precisa lo specialista – nel percorso terapeutico, inoltre, possono essere utilizzate anche due metodiche contemporaneamente, con approccio combinato, che molto spesso consente di ottenere un effetto molto positivo e sinergico, soprattutto per i pazienti più complessi».

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