Fibromialgia, cos’è e che impatto ha sulla vita delle persone?

Reumatologia Ne soffre circa il 2% della popolazione. Si tratta di una malattia che ha un impatto importante sulla qualità della vita quotidiana di chi ne è affetto

Circa il 2% della popolazione italiana soffre di fibromialgia. Si tratta di una malattia che ha un impatto importante sulla qualità di vita e che interessa in prevalenza la popolazione femminile, con un rapporto 5 a 1 tra donne e uomini. Fondamentale la diagnosi precoce per individuare tempestivamente il percorso terapeutico più idoneo al singolo caso.

«La sindrome fibromialgica è una patologia muscolo scheletrica che ha come sintomo principale un dolore diffuso – spiega il professor Piercarlo Sarzi Puttini, responsabile Reumatologia dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano -, può colpire a qualunque età ed è una patologia che impatta in modo importante sulla qualità di vita dei pazienti».

Il sintomo principale, come detto, è un dolore muscolare diffuso che può variare di intensità durante la giornata e che può essere associato a altre caratteristiche. «Nell’ambito dei criteri diagnostici – prosegue lo specialista - oltre al dolore sono compresi anche una importante stanchezza durante il giorno, ma anche disturbo del sonno. È frequente, infatti, che il paziente riferisca di sentirsi affaticato al risveglio in quanto la qualità del sonno è stata scarsa e quindi non si sono recuperate le energie necessarie». I pazienti con fibromialgia possono avere anche disturbi neuro-cognitivi come la difficoltà a mantenere a lungo la concentrazione, il linguaggio può essere meno fluido, possono esserci anche difficoltà nel raccontare episodi legati alla memoria breve.

«Oltre a questi sintomi che rientrano nei criteri di diagnosi – aggiunge ancora il professore - abbiamo anche dei sintomi di accompagnamento, tra questi una alterazione del sistema nervoso autonomo, in particolare quello simpatico, con sintomi come lo sbandamento quando ci si alza, difficoltà a mantenere l’equilibrio quando si sta in piedi, fotofobia, alterazioni della sensazione di caldo e di freddo, parestesia».

Circa il 20-40% dei pazienti con fibromialgia presenta anche sindromi dolorose associate come la cefalea muscolo-tensiva, la vulvodinia o il colon irritabile. «Molti pazienti si rivolgono al medico perché hanno più segni clinici – precisa Sarzi Puttini - e sono convinti di avere più malattie, ma la realtà è che è il dolore legato alla fibromialgia a provocare i sintomi che la persona percepisce. Quando parliamo di dolore cronico, inoltre, dobbiamo sempre tenere presente che esistono tre tipologie di dolore: il dolore nocicettivo, il dolore neuropatico e il dolore nociplastico».

Il dolore nocicettivo è il dolore è quello che nella maggior parte delle persone è inteso come dolore e cioè quello che si presenta in seguito a un trauma o a una infiammazione. Si tratta quindi di un dolore per cui è chiara la causa e l’effetto. Un esempio è un dolore a un ginocchio in seguito a una forte botta, il ginocchio fa male perché ha subito un trauma. Il dolore neuropatico, invece, è legato a una problematica del sistema nervoso centrale o dei nervi periferici. Alcuni esempi sono la neuropatia erpetica, il tunnel carpale e l’ernia del disco.

«Il dolore nociplastico vede nella fibromialgia un elemento fondamentale – spiega il professore – in quanto è dato da una ipersensibilità dei recettori che trasmettono l’impulso al cervello. I nocicettori, i recettori degli stimoli algogeni, ragionano a una soglia più bassa per cui percepiscono dolore in assenza di una causa organica. A questo dolore, come detto, possono essere associati anche colon irritabile e cefalea, manifestazioni secondarie di una causa non evidente».

Proprio per la varietà di manifestazione non sempre la diagnosi di fibromialgia è immediata e i pazienti passano così da molti specialisti prima di arrivare all’inquadramento della malattia. «Rispetto a 15-20 anni fa – precisa il medico - la fibromialgia inizia ad essere più conosciuta e quindi la diagnosi può essere più semplice, ma è sempre importante rivolgersi a chi conosce bene la problematica. Il dolore cronico, infatti, è molto comune ma è fondamentale che gli venga data una giusta causa in modo da non perdere tempo in terapie inutili e controproducenti».

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