I pericoli della trombosi: una malattia al femminile

L’intervista Più frequente tra le donne, insorge in seguito alla formazione di un coagulo di sangue all’interno di una vena

La trombosi venosa è una malattia diffusa in Italia. L’insorgenza è più frequente nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. L’elastocompressione è fondamentale in questi casi, ma non sempre i pazienti sono collaborativi in questo senso. Con Giulio Mercandalli, responsabile dell’unità operativa di Chirurgia Vascolare dell’Irccs Ospedale Galeazzi -Sant’Ambrogio di Milano, abbiamo fatto il punto su questa malattia.

Dottore cosa si intende per trombosi venosa?

Si tratta della formazione di un coagulo di sangue, quindi un trombo, all’interno di una vena. Il distretto dove più dove frequentemente si verificano questi episodi sono le vene degli arti inferiori e questo accade per una questione di tipo fisiologico. Più raramente può interessare gli arti superiori, come conseguenza di manovre invasive, come ad esempio il posizionamento di un catetere venoso, o condizioni patologiche come la sindrome dello stretto toracico (Tos).

In termini di incidenza cosa possiamo dire?

Si tratta di situazioni abbastanza frequenti, con un’incidenza di circa 1 caso per mille abitanti. La trombosi è più frequente nel sesso femminile in età giovanile, per fattori ormonali legati alla gravidanza e per l’utilizzo della pillola estroprogestinica, che possono essere un fattore scatenante in pazienti geneticamente predisposti al rischio trombotico. Negli ultimi anni abbiamo visto anche molti casi di trombosi causate dall’infezione da Covid-19.

Le trombosi degli arti inferiori sono tutte uguali?

No, a seconda della localizzazione del coagulo si distingue in trombosi venosa superficiale e trombosi venosa profonda.

Quali sono i sintomi di una trombosi venosa superficiale?

Le trombosi superficiali si manifestano con un cordone arrossato e dolente lungo il decorso della vena. Si tratta molto spesso di vene già evidenti, come le varici, che repentinamente cambiano aspetto diventando appunto dure e dolenti. Possono verificarsi trombosi superficiali anche su vene “sane” ma sono situazioni molto meno frequenti e talvolta legate alla presenza di neoplasie occulte.

E per la trombosi venosa profonda?

In questi casi si verifica un gonfiore monolaterale dell’arto, quindi, con un edema importante e dolente. A volte la gamba può essere calda e arrossata. Anche in questo caso l’esordio è improvviso.

Come avviene la diagnosi?

Il paziente generalmente arriva dallo specialista inviato dal proprio medico di medicina generale o dai medici del pronto soccorso. Se per la trombosi venosa superficiale la diagnosi è già a colpo d’occhio, lo stesso non si può dire per quella profonda. In entrambi i casi, comunque, l’esame gold standard è l’ecocolordoppler. L’esame in questi casi prevede l’utilizzo della tecnica Cus (compressione guidata dagli ultrasuoni) che consente di testare nel dettaglio il sistema venoso superficiale e profondo. Può essere eseguito anche un esame di laboratorio, denominato test del D-dimero, ma si tratta di valori che vanno sempre interpretati dallo specialista in quanto un risultato positivo non significa necessariamente la presenza di un trombo, potendo essere alterato in diverse condizioni patologiche.

Una volta posta la diagnosi quali sono le terapie oggi disponibili?

In entrambi i casi si inizia con una profilassi eparinica. Il trattamento poi varia a seconda del singolo caso, ma prevede sempre l’elastocompressione. Nelle trombosi venose superficiali, ad esempio, il trattamento con eparina prevede un dosaggio specifico che il paziente può autosomministrarsi direttamente al domicilio. La durata del trattamento è variabile a seconda dell’estensione della vena colpita. In qualche caso, se è coinvolta la safena, può rendersi necessario un approccio chirurgico per evitare che il trombo possa progredire.

In cosa consiste l’intervento?

L’intervento viene oggi eseguito molto raramente, in casi selezionati e qualora il paziente non possa essere sottoposto a terapia anticoagulante. Consiste nella deconnessione chirurgica (crossectomia) della vena safena dalla vena femorale, attraverso una piccola incisione inguinale, al fine di evitare il rischio di embolizzazione.

E per la trombosi venosa profonda?

Anche in questo caso, come già detto, la prima terapia è l’eparina che viene poi sostituita da una terapia anticoagulante orale (Tao) o con i nuovi anticoagulanti orali (Nao/ Doac) ad azione diretta. Oggi le terapie rispetto al passato sono molto semplici soprattutto in termini di dosaggi da assumere durante la giornata.

Esistono delle possibili complicanze di una trombosi venosa?

La complicanza più temibile è l’embolia polmonare, ecco perché in caso di sintomi respiratori come dispnea, tosse e febbre, è indispensabile rivolgersi al pronto soccorso. Potrebbe rendersi necessario un ricovero.

I pazienti in trattamento con trombosi cosa devono fare per evitare il rischio di insorgenza di complicanze?

L’aderenza alle terapie è fondamentale ma spesso i pazienti non comprendono che l’elastocompressione, e quindi l’uso di calze elastiche specifiche, è parte fondamentale della cura. Molti assumono i farmaci ma non utilizzano la calza elastica e questo può essere un problema perché le conseguenze possono essere anche gravemente invalidanti. La compliance, per intenderci, è poco più del 50%.

In termini di prevenzione generale cosa si può fare?

Il fumo è un fattore di rischio, ma può esserci anche una familiarità. La prevenzione in questi casi non è su base vascolare ma ematologica, l’ecocolordoppler non è un esame predittivo in questo senso. Le donne prima di assumere estroprogestinici, ad esempio, dovrebbero verificare se c’è una predisposizione a patologie della coagulazione/trombofilia. Tutte le persone con familiarità accertata dovrebbero sottoporsi a screening.

Un edema può essere sottovalutato a volte perché la persona magari è convinta di avere un problema di tipo ortopedico e non vascolare. Cosa può dire ai nostri lettori?

Una gamba gonfia deve sempre essere indagata perché può essere un elemento sospetto per una trombosi profonda. Fortunatamente poi nella maggior parte dei casi si tratta di situazioni meno complesse ma è sempre meglio eseguire un ecocolordoppler, esame rapido e non invasivo, che è l’unico a poterci fornire una diagnosi corretta in questi casi.

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