Panico, ansia e aggressività. Anche lo stress è un nemico

La nostra psiche La salute mentale sul lavoro conta quanto quella fisica. In alcuni casi si sviluppa la sindrome da “bornout”, come in campo sanitario

Quasi il 40% dei lavoratori percepisce almeno un fattore di rischio per la salute psicologica. Il carico di lavoro eccessivo o le tempistiche di lavoro pressanti rappresentano il fattore di rischio prevalente, sia per gli uomini sia per le donne (20,4%).

Sono solo alcuni dei dati diffusi negli ultimi anni dall’Istat e che rivelano come la prevenzione della salute dei lavoratori passa anche dal benessere mentale. Sono numerose, infatti, le situazioni di stress che possono nascere sul luogo di lavoro con i professionisti della salute mentale che negli ultimi anni, soprattutto a seguito della pandemia, hanno visto un sempre più crescente numero di richieste di aiuto.

«La prima cosa da dire è che l’individuo è in grado di adattarsi a situazioni più o meno stressanti – spiega Alice Di Paolo, psicologa degli Istituti Clinici Zucchi di Monza e Zucchi Wellness Clinic – ma quando questi limiti sono superati, il rendimento lavorativo e le gratificazioni professionali diminuiscono, può esserci il rischio di una sindrome da stress lavoro correlato».

Questa sindrome, molto diffusa, comprende una serie di sintomi come ansia, disturbi e manifestazioni emozionali, disturbi cognitivi, malessere generale, attacchi di panico, cefalea, disturbi gastro-intestinali, difficoltà del sonno, manifestazioni cardiovascolari, difficoltà personali, fino a sfociare in manifestazioni di aggressività e svalutazione del sé. «Lo stress negativo – prosegue la psicologa - può essere definito come una sensazione di disagio psichico che insorge quando l’ambiente esterno porta a fornire all’individuo richieste superiori al normale, sia a livello quantitativo che qualitativo». Tra le cause principali ci sono ritmi di lavoro esagerati, responsabilità eccessive, ruoli sbilanciati, ripetitività dei compiti, conflitti interpersonali, turni notturni e il poco riposo.

Lo stress da lavoro può portare, in alcune categorie di lavoratori anche a quella che viene definita sindrome da bornout, problematica frequente tra i professionisti dell’ambito sanitario, come medici e infermieri, ma anche in altre realtà dove ci si prende cura dell’altro come tra le forze dell’ordine e gli insegnati.

«Questa sindrome – sottolinea Di Paolo – comporta la diminuzione della motivazione e il lavoro viene vissuto in maniera eccessiva. Il bornout comporta manifestazioni psicofisiche che portano fino a un esaurimento emotivo. La particolarità di questa sindrome è che non interessa solo l’ambito lavorativo, ma si estende anche a quello personale, andando a coinvolgere tutte le aree attinenti la persona, compresa la sfera sociale e famigliare. Altra caratteristica è che tende a cronicizzare».

Per quanto riguarda i sintomi e le manifestazioni ci sono: alienazione dal lavoro, cinismo, distanziamento sociale, problemi fisici (mal di testa, mal di stomaco, dolori muscolari), fatica emotiva (stanchezza, spossatezza, difficoltà a dormire), basso rendimento e mancanza di concentrazione. «Il burnout – precisa la psicologa -è caratterizzato da 12 fasi che da una forma più lieve portano a un vero e proprio esaurimento».

Si parte così dalle necessità di dare prova del proprio valore al lavoro, a un sovraccarico di mansioni che porta a trascurare i bisogni nell’ambito lavorativo (es: saltare la pausa), si passa poi a fingere che sia tutto normale e a spostare il problema. Valori come l’amicizia e la famiglia iniziano a diventare marginali così come tutto quello che riguarda la vita personale, si diventa intolleranti, aggressivi, ci si distacca dai colleghi e dalla sfera sociale. Nelle ultime fasi si ha una totale cambiamento dei comportamenti, la perdita dei valori e di sé stessi, fino a arrivare al vuoto interiore e all’esaurimento psico-fisico.

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