Quando si fatica a deglutire: i pericoli della “disfagia”

Il disturbo È una problematica le cui cause possono essere diverse. Ecco perché è importante rivolgersi subito al proprio medico curante

La disfagia è la difficoltà a deglutire cibi solidi o liquidi. Le cause di questa problematica possono essere diverse. Questo sintomo è più diffuso tra la popolazione anziana, ma può verificarsi anche in età più giovanile come conseguenza di patologie o malformazioni. Importante non sottovalutare il sintomo perché se non individuato e gestito correttamente espone a rischio di malnutrizione, disidratazione, patologie respiratorie o, nei casi più gravi, soffocamento con esiti fatali.

«La difficoltà di deglutizione può manifestarsi mentre si mangia, si beve, quando si assumono i farmaci – spiega Federica Bianchi, logopedista di Asst Lariana – ma alcuni pazienti con disfagia possono avere difficoltà anche nella deglutizione della saliva. Importante precisare che non si tratta di una patologia ma di un sintomo e quindi può declinarsi in forme diverse a seconda della causa scatenante». La disfagia può così presentarsi in diverse forme.

Si tratta di un sintomo più frequente nella popolazione anziana (40% degli over 65) ma nella popolazione generale si stima una incidenza del 20%, percentuale che cresce nei pazienti con patologie neurodegenerative dove, ad esempio nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla), può manifestarsi anche nel 100% dei pazienti nelle fasi più avanzate di malattia.

Le cause della disfagia possono essere diverse. Tra le più comuni ci sono le patologie neurologiche (ictus, emorragie cerebrali, traumi cranici), neurodegenerative (demenza, Sla, sclerosi multipla, Parkinson) e i tumori del distretto test-collo. In quest’ultimo caso la disfagia può manifestarsi sia come sintomo d’esordio che come conseguenza dell’intervento chirurgico di rimozione del tumore. Può comparire anche durante o in seguito a terapie coadiuvanti come la radio- e la chemio-terapia. Difficoltà deglutitorie possono presentarsi anche in quadri malformativi delle vie aero-digestive superiori come le schisi labio-palatine.

Come ricorda la logopedista non bisogna dimenticare che sono diverse le modalità di comparsa della disfagia. L’esordio può essere acuto, manifestandosi improvvisamente mentre ci si trova in pieno benessere, ad esempio a causa di un ictus o un trauma, oppure graduale come nel caso delle patologie neurodegenerative. Anche in quest’ultimo caso, la presa in carico deve essere precoce perché si tratta di un sintomo che può peggiorare nel tempo.

«La valutazione dei pazienti con disfagia – prosegue la logopedista – è di tipo multidisciplinare. Il logopedista è il professionista che si occupa della valutazione clinica della deglutizione e dà indicazione ad altre valutazioni di secondo livello che vengono effettuate da medici specializzati nella gestione della disfagia». Gli esami strumentali atti a indagare le difficoltà deglutitorie sono lo studio fibro-endoscopico della deglutizione, eseguito dai foniatri e dagli otorinolaringoiatri, oppure la videofluorografia, che è un esame di tipo radiologico. Altre figure coinvolte nella gestione del paziente disfagico sono il dietologo e il fisiatra.

«Per quanto riguarda il trattamento – precisa Bianchi – questo dipende dalla causa di disfagia. L’obiettivo può essere il miglioramento della funzione deglutitoria, oppure l’impostazione di strategie di compenso che consentano al paziente di alimentarsi in modo efficace e sicuro, come ad esempio la modifica della consistenza dei cibi e l’impostazione di posture facilitanti». La pianificazione del pasto include strategie comportamentali personalizzate in base alle esigenze del singolo paziente, al grado di disfagia e al fenotipo.

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