Traumi e fratture al volto, le più gravi sono definite “fracassi facciali”: «Il nostro compito è anche quello di ripristinare i danni estetici»

L’esperto Luigi Colombo, primario di Chiurgia maxillo-facciale al Sant’Anna: «Il 12% dei casi legato all’attività sportiva». Al primo posto incidenti stradali, al secondo le aggressioni. «Puntiamo a ristabilire la piena funzionalità»

La chirurgia maxillo-facciale può essere impiegata anche nel caso di incidenti sportivi. In Italia tra i traumi più frequenti ci sono quelli legati a discipline come il calcio, il ciclismo e lo sci.

Tra i casi più recenti quello del calciatore del Como, Nicholas Ioannou, che è stato sottoposto ai primi di novembre, all’ospedale Sant’Anna di Como, a un intervento di osteosintesi in seguito alla frattura dello zigomo destro per uno scontro in campo.

«Secondo i dati riportati dalla letteratura scientifica – spiega Luigi Colombo, direttore della struttura complessa di Chirurgia Maxillo-facciale dell’ospedale Sant’Anna - i traumi sportivi facciali rappresentano circa il 12% dei traumi totali. Questo vuol dire che su cento traumi sportivi, 12 interessano il volto. L’incidenza maggiore è tra i 20 e i 30 anni, il rapporto maschi femmine è variabile, anche se c’è una prevalenza nel sesso maschile».

Non solo traumi per incidenti sportivi, la struttura complessa diretta da Luigi Colombo segue un’ampia casistica di traumatologia, in quanto si occupa non solo dei pazienti che arrivano in Asst Lariana, ma gli specialisti del reparto sono anche consulenti per il territorio di Lecco, Sondrio, Varese e parte di Milano. In alcuni casi, quando, la persona non può essere trasferita al Sant’Anna per visite o interventi, i chirurghi comaschi eseguono consulenze e operazioni chirurgiche in altri ospedali. Ogni anno sono 110-140 i pazienti con traumi presi in carico dagli specialisti dell’ospedale comasco.

«Le fratture del distretto maxillo facciale rappresentano il 30-40% di tutte le fratture – aggiunge il primario – che arrivano nei pronto soccorso, ovviamente si dividono in traumi lievi, ferite facciali, fratture composte o scomposte, fino alle forme più gravi che vengono definite “fracassi facciali”, dove tutte o gran parte delle ossa del volto sono coinvolte nel trauma».

Varie tipologie

Da un punto di vista epidemiologico nei paesi occidentali la causa principale di questi traumi è rappresentata da incidenti stradali, seguono le aggressioni, che interessano sia giovani che adulti, e al terzo posto ci sono proprio gli incidenti sportivi. Fortunatamente meno frequenti sono invece gli episodi balistici.

«Questi traumi, come detto – prosegue lo specialista - possono essere di entità variabile e possono interessare soltanto i tessuti molli, con delle ferite più meno importanti o estese, oppure interessare anche lo scheletro della faccia». Le fratture facciali vengono suddivise in: terzo superiore, terzo medio, terzo inferiore e dentali. Le fratture del terzo superiore interessano, ad esempio, l’osso frontale e in questi casi può esserci anche un coinvolgimento neuro-cranico che richiede la collaborazione del neurochirurgo. Le fratture del terzo medio comprendono, invece, una parte bassa delle orbite, il naso, le ossa nasali e lo zigomo, mentre quelle del terzo inferiore riguardano la mandibola. Infine, ci sono le fratture dento-alveolari e dentali, che spesso si verificano nei bambini in seguito a cadute accidentali o traumi sportivi.

«Questi pazienti – precisa il primario - possono avere delle sintomatologie più o meno gravi, a seconda della frattura. A seguito dell’incidente o dopo l’intervento, inoltre, sono frequenti edemi importanti, tanto che in alcuni casi l’operazione chirurgica viene posticipata di qualche giorno, proprio per aspettare che il gonfiore migliori». Gli specialisti possono trovarsi, infatti, di fronte a fratture composte e quindi senza indicazione al trattamento, oppure a fratture più o meno scomposte che possono dare deficit di tipo funzionale a livello, ad esempio, della masticazione o della vista». Può esserci così un interessamento delle pareti orbitali, che può dare uno sdoppiamento dell’immagine, oppure difetti di sensibilità cutanea della faccia se sono interessati i nervi, per poi arrivare alle forme più gravi dove è coinvolto anche il nervo neurocranio.

Come si interviene

Per quanto riguarda le fratture composte, quelle per le quali non è richiesto trattamento chirurgico, solitamente l’indicazione è quella di stare a riposo, di evitare situazioni che possano provocare nuovamente un trauma facciale e in alcuni casi viene prescritta una dieta morbida o frullata. D’estate va evitato il sole in faccia in quanto potrebbe rallentare la guarigione dell’edema.

«Il compito degli esperti è quello di ristabilire la funzione, ma anche di ripristinare i danni estetici – aggiunge Colombo – per quanto riguarda gli interventi chirurgici questi vengono eseguiti quasi sempre in anestesia totale. L’accesso può essere per via endorale, quindi passando dalla bocca, oppure attraverso delle incisioni che vengono eseguite sul volto. Normalmente la degenza operatoria è di pochi giorni».

Il tempo di fermo dall’attività sportiva di solito è di almeno trenta giorni, ma la durata dello stop può variare da un giocatore amatoriale a uno professionista. Se i traumi sono particolarmente gravi, come cadute dalla bicicletta, ad esempio in occasione di discese in mountain bike, oppure calci da cavallo in centri di equitazione, con conseguente gran parte del volto danneggiato, possono rendersi necessari anche più interventi. In questi casi è previsto successivamente un percorso di riabilitazione che viene seguito direttamente dagli specialisti del reparto.

In caso di fratture molto importanti, dove si verifica la perdita dell’anatomia del volto, gli esperti possono utilizzare delle protesi o delle placche customizzate in titanio, cioè fatte su misura, ottenute dalle immagini della Tac del paziente. Questo è possibile grazie a dei particolari software che permettono di ricostruire le parti dello scheletro facciale danneggiate.

Tornando all’incidenza dei traumi sportivi, negli ultimi decenni sono aumentati i casi anche negli atleti non agonistici, questo per un sempre più crescente numero di persone che praticano attività fisica. Per quanto riguarda la distribuzione anatomica tra le aree più interessate ci sono le ossa nasali, le fratture dell’orbita e dello zigomo, poi quelle della mandibola e spesso i traumi dentali.

«Esistono degli sport da contatto – conclude Colombo – come hockey, rugby e boxe che hanno ovviamente una percentuale di rischio maggiore, ma è anche vero che in alcuni di questi sport vengono utilizzati dei sistemi di protezione che invece non si usano nel calcio o nel basket. In Italia i traumi maxillo-facciali si verificano principalmente nel calcio, nel ciclismo e nello sci, ma passando ad altri Paesi vediamo che le cose cambiano. Ogni paese, insomma, ha la sua casistica». In Nuova Zelanda, ad esempio, ai primi posti ci sono rugby, ciclismo e cricket, mentre il calcio è all’ultimo posto. Negli Stati Uniti, invece, al vertice troviamo ancora una volta il calcio, seguito da hockey, baseball e basket.

Uno studio brasiliano condotto nel 2021 ha preso in esame 670 fratture sui campi da calcio, di persone di età media di 27 anni, con una prevalenza di maschi rispetto alle femmine. La ricerca degli studiosi brasiliani ha confermato che i traumi più frequenti al volto hanno interessato zigomo, naso, mandibola e orbita, oltre a sottolineare che le regioni del massiccio faciale sono precedute, come frequenza, dalle lesioni agli arti. Il calcio è stato definito dai ricercatori stessi ad alto rischio di contatto in quanto non vengono utilizzate delle protezioni specifiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA