Il referendum “verde”
spacca la Svizzera

Uno dei quesiti di domenica riguarda la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030. Lo scontro è soprattutto sugli aumenti che comporterà a carico delle famiglie, a partire da quello del carburante

Qualcuno ha apertamente parlato di «consultazioni popolari che possono cambiare la Svizzera».

Di certo, almeno due dei cinque quesiti che vedranno domenica gli elettori svizzeri alle urne rappresentano test di assoluto rilievo per non solo per la Confederazione, ma anche per i rapporti - economici e sociali - tra Svizzera ed Europa. Il primo è il voto sulla “Legge Covid” (15 i miliardi di franchi sin qui stanziati dal governo per tentare di arginare la pandemia). Il secondo riguarda la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, per questo ribattezzata “Legge sul Co2”.

«Costosa e inutile»

«Una legge costosa e di nessuna utilità sul clima», si è affrettato ad affermare il Comitato del “No”, che ha posto in cima alla lista degli aumenti - conseguenza diretta dell’applicazione alla lettera della nuova legge - quello del carburante, da qui al 2025, con una forbice fissata tra i 10 ed i 12 centesimi al litro. «Guidare diventerà un’esclusa dei ricchi - ha fatto sapere il consigliere nazionale dell’Udc, Piero Marchesi - La Svizzera produce lo 0,1% delle emissioni mondiali di Co2. Invece di tassare il popolo si incentivi e si sostenga la ricerca».

Al momento, però, in base ad un sondaggio degli ultimi giorni, il “sì” è in vantaggio di quattro punti percentuali, anche se l’ondata ecologista che ha travolto la Svizzera alle ultime elezioni federali sembra aver perso forza, complici anche i quindici mesi terribili vissuti anche dalla Confederazione con il Covid a catalizzare l’attenzione globale.

A difesa della proposta di legge si è schierato il ministro Alain Berset, che rappresenta ormai da mesi la voce del governo all’interno dell’emergenza Covid: «La Legge sul Co2 ci offre la possibilità di fare qualcosa contro il cambiamento climatico. È importante votare e c’è ancora una settimana di tempo per farlo». Ma il discorso è prettamente economico ed è su questo punto che i due Comitati - quello del “sì” e quello del “no” - si stanno dando battaglia in questi cinque giorni di campagna elettorale.

Le stime

E questo perché se il Consiglio federale ha stimato che, applicando la legge, i costi per famiglia (un nucleo di quattro persone) aumenteranno entro il 2030 di soli 100 franchi, il Comitato del “no” ha fatto sapere che questi aumenti oscilleranno tra i 1000 ed i 1500 franchi. Una cifra insostenibile alla luce anche della crisi dettata dalla pandemia.

Nel medio periodo l’impatto per una famiglia che ha un’auto, effettua un volo aereo l’anno e ha la casa riscaldata con una caldaia a gasolio potrebbe attestarsi attorno ai 500 franchi. Ed è su questo punto che si gioca la sfida da qui a domenica. Per contro, il Comitato del “sì” non ha dubbi: «Con il percorso definito di riduzione del Co2 rimarrà ogni anno oltre un miliardo e mezzo miliardi di franchi di valore aggiunto in Svizzera, garantendo posti di lavoro e ricchezza. L’attuale perdita di miliardi di petrolio all’estero ogni anno sarà arginata».

La parola passa ora alle urne, tenendo conto del fatto nella vicina Confederazione è attivo anche il voto per corrispondenza. Di certo, il governo - che si è speso con un ministro influente come Alain Berset sul voto a favore della consultazione - si gioca una buona fetta di credibilità.

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