Ticino, ora è allarme per gli stipendi. Il calo è dell’1,9%

Confine Dati diffusi dall’Ufficio federale di Statistica. Preoccupa anche l’impennata dell’inflazione (2,8%). I sindacati: «Situazione preoccupante, gap da colmare»

È un allarme forte quello che ha lanciato l’Ufficio federale di Statistica sul tema sensibile dei salari. E questo perché lo scorso anno si è registrato un preoccupante meno 1,9% che inevitabilmente alle latitudini ticinesi coinvolge anche i nostri frontalieri, ricordando che già di per sé il Ticino è tra i Cantoni con un livello salariale tra i più bassi della Confederazione.

Il dato del meno 1,9% è il frutto di un aumento in termini nominali dello 0,9%, ma nel contempo di un rincaro del 2,8% dell’inflazione. Una compensazione negativa spinta dal segno più marcato di temi all’ordine del giorno delle famiglie come il riscaldamento o gli affitti. La situazione è serissima, tanto che c’è chi - come Ticinonews.ch - ha parlato di contrazione che «non si registrava dal Secondo Dopoguerra». E con un quasi meno 2% del potere d’acquisto legato gli stipendi si potrebbero amplificare, soprattutto nelle zone di confine, fenomeni come quello di cui più volte anche il nostro giornale ha dato conto dei “frontalieri al contrario” ovvero ticinesi che pur conservando status e posto di lavoro svizzero decidono di venire a vivere su questo lato del confine.

I rami economici

L’Ufficio federale di Statistica, a corredo di questo nuovo e ben perimetrato allarme, ha così descritto la situazione dei diversi segmenti produttivi: «I salari nominali del settore industriale sono aumentati in media dello 0,7%, realizzando un incremento leggermente più moderato rispetto all’economia nel suo complesso (+0,9%). I rami economici del settore secondario hanno invece registrato una forte dispersione dell’evoluzione dei salari, compresa fra il -2,2 e il +4%. Gli aumenti nominali più consistenti si sono registrati nei rami seguenti, vale a dire industria chimica e industria farmaceutica (+4%), fabbricazione di macchinari, apparecchiature e mezzi di trasporto (+2%) e attività estrattive, fornitura di energia e di acqua nonché trattamento dei rifiuti (+1,2%). l rami economici nei quali è invece stata constatata una contrazione salariale sono quelli delle industrie della gomma, della plastica e di altri prodotti minerali non metalliferi (-2,2%)». A stretto giro, è arriva la presa di posizione (inevitabile) dell’Unione Sindacale Svizzera che in una lunga nota ha parlato apertamente di «situazione molto preoccupante», anche alla luce del fatto che «molte aziende si rifiutano di compensare il rincaro, sebbene siano esse stesse ad aumentare i prezzi». Peraltro, ha rilevato sempre l’Unione Sindacale, «sono proprio i settori in cui gli stipendi tengono ad essere già di per sé bassi a registrare le performance peggiori, come l’industria alberghiera della ristorazione, nonché il commercio al dettaglio e l’edilizia». Bastano questi indizi per far capire che si tratta di settori a forte trazione di lavoratori frontalieri in Ticino come gli altri Cantoni di confine e che dunque meritano sicuramente tutta l’attenzione del caso essendo (anche) i nostri lavoratori parte in causa.

Colmare il gap in tempi certi

Dall’Unione Sindacale Svizzera è arrivata un’ulteriore sottolineatura connessa al fatto che «le cose devono cambiare in tempi celeri. Un primo passo è già stato compiuto nell’anno in corso, considerato che sono stati negoziati aumenti nell’ordine del 2,5%. Resta il fatto che una politica salariale equa richiede una compensazione dell’inflazione e una partecipazione agli aumenti in tema di produttività. E questo perché il gap salariale va colmato in tempi celeri».

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