Cav e Renzi alleati
contro Letta?

Sparisce senza rimpianti, il Popolo della Libertà. Nacque male, sul predellino di una limousine di Berlusconi, e muore peggio, lasciando dietro di sé il caos e una quasi certa scissione.

Rinasce Forza Italia, un simbolo considerato da Berlusconi ancora usabile e comunque migliore di quel Pdl che era usurato già mezz’ora dopo la nascita. La situazione del centrodestra è questa: l’ha decisa Berlusconi d’accordo con i suoi fedeli, e non c’è stato niente da fare quando Alfano e i suoi seguaci gli hanno chiesto di rinviare, aspettare, ripensarci.

Niente, si parte così, chi ci sta ci sta. E Alfano non ci sta: il segretario che tale non è più, ha deciso di non partecipare ad una riunione di fondazione del nuovo partito che lo avrebbe messo in un angolo e sotto processo. Come lui i ministri, e poi Sacconi, Schifani, Formigoni, persino Gasparri, tutti assenti in nome dell’unità. L’8 dicembre si riunirà il pletorico consiglio nazionale del partito che fu e di quello che rinasce: 800 componenti. Probabilmente si andrà alla conta e questo sancirà anche formalmente la rottura e l’addio reciproco che oggi è stato solo annunciato (ancora una volta) ma non formalizzato. Certo, è un po’ singolare che si riunisca il comitato di presidenza di un partito senza il segretario del partito medesimo. Non importa, pare dire Berlusconi circondato dai “falchi” che annuiscono, tanto Alfano, c’è o non c’è, è la stessa cosa.

Il nuovo-vecchio partito garantisce (ancora) la fiducia al governo e ai propri ministri, ma tutti sanno che si tratta di una fiducia ad orologeria. Durerà fino a novembre quando finalmente il Senato voterà contro la decadenza di Berlusconi da senatore. Un minuto dopo, protestando contro “l’alleato che pugnala alle spalle”, cioè Il Pd, inveendo contro un presidente del Consiglio “disinteressato” e soprattutto contro il Capo dello Stato “traditore” di patti tanto inconfessati quanto indimostrati (“panzane” secondo il Quirinale), Berlusconi proclamerà la propria uscita dalla maggioranza.

Resisterà il governo a quell’ennesima scossa proveniente dal Cavaliere? I numeri ci sarebbero: i senatori fedeli ad Alfano da soli bastano a consentire una navigazione abbastanza tranquilla. Ma non c’è dubbio che senza il voto di buona parte del centrodestra, con Scelta Civica dilaniata, con il Pd in preda alle convulsioni congressuali, la navigazione di Letta sarà ancora più perigliosa. E a proposito di Pd: non sono pochi quelli che sospettano un tacito e implicito patto Berlusconi-Renzi per far cadere l’esecutivo, cosa che converrebbe ad entrambi per poter andare alle elezioni in febbraio e spazzare via i rispettivi nemici interni.

Ma torniamo ad Alfano. Ora l’ex segretario dovrebbe rafforzare ancor di più il rapporto con i casiniani che hanno lasciato Monti per formare il nucleo italiano del Ppe (è quasi certo che Berlusconi non verrà fatto entrare dalla Merkel nel salotto buono dei moderati europei). Però ciò che non è riuscito al vicepremier è il tentativo di mettersi a capo di tutto il partito – con le opportune defezioni dei falchi – e non di un solo spicchio la cui fortuna elettorale è tutta da dimostrare. Ma proprio a questo in fondo è servita la mossa di ieri del Cavaliere, a dire: caro Angelino, io non abbandono la nave, tu se vuoi cala in mare una scialuppa.

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