Cittadini tartassati
E il Comune non taglia

Come tutte le persone di buon senso e bontà d’animo che si trovano a prendere decisioni sgradevoli per quanto inevitabili, il sindaco di Como, Mario Lucini vive in maniera tormentata la vicenda dell’aumento delle tasse comunali di cui è il principale artefice per la doppia veste di primo cittadino e assessore alle Finanze. Quella del “gabelliere” di palazzo Cernezzi, come noto, è una storia tormentata.

Alle difficoltà di cassa, legate alla cura dimagrante imposta da Roma agli Enti locali che ha comportato, negli ultimi anni, tagli dacroniani dei trasferimenti (è una delle facce del federalismo fiscale, bellezza), si è aggiunto l’impasse sul sostituto di Giulia Pusterla, ex assessore alla partita che forse sarebbe riuscita ad estrarre dal cilindro un coniglio in grado per lo meno di ridurre l’impatto della stangata che sta per abbattersi su buona parte delle famiglie comasche con incrementi dell’Irpef comunale del 100% e più. Del resto, la commercialista era stata scelta proprio per quello. E non si capisce perché, dopo la sua uscita della squadra di Lucini, il sindaco non sia riuscito a individuare (anche se l’impresa non è facile) una figura con un profilo simile a quello di Giulia Pusterla per la casella più importante e delicata della giunta.

Volendo o dovendo tenersi la delega alle Finanze, il primo cittadino si è tirato la zappa sui piedi da solo e rimane esposto al vento dell’impopolarità oltre che al fuoco amico di coloro che, nella maggioranza che lo sostiene, tentano di smarcarsi dalla condivisione della responsabilità sull’aumento delle imposte.

Ieri un aiutino a Lucini è giunto da colui che il sindaco di Como aveva indicato come il responsabile indiretto della stangata locale: il premier Matteo Renzi. Il governo infatti ha concesso a Como uno “sconto” su quel patto di stabilità che lega le mani a tutti gli enti locali e ha liberato risorse purtroppo non sufficienti ad a rendere indolore la mazzata fiscale sui cittadini.

Ma proprio il presidente del Consiglio ieri, nel discorso che ha aperto il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea ha detto che «i problemi dell’Italia dipendono solo dall’Italia e non dall’Europa». Inutile cioè recriminare sui nostri guai, meglio darsi da fare per risolverli senza tirare in ballo gli altri». Un concetto che si può parafrasare: i problemi di Como dipendono da Como e non dall’Italia o da Roma o dal governo. E adoperarsi per risolverli, a palazzo Cernezzi, può anche voler dire ritoccare le tasse locali per garantire i servizi essenziali. Ma non prima di aver fatto tutto quanto è possibile per attenuare l’impatto del prelievo dalle tasche dei cittadini.

Un esempio concreto di cui si tratta nel dettaglio nelle pagine di cronaca sta nelle pieghe del bilancio di Csu, società comunale. Se il totale è in attivo, nelle pieghe vi sono passività come quelle dell’autosilo di via Mulini o del servizio di consegna delle merce in centro o degli impianti sportivi che non possono essere tollerate da un’amministrazione comunale costretta a operare con la lesina e manovrare la leva delle tasse. Prima di andare a bussare dai cittadini, bisogna tagliare tutti gli sprechi. Certo, si tratta di decisioni prese da quelli che c’erano prima. La più sciagurata è la costruzione di un autosilo di servizio a un ospedale pronto a traslocare per lasciare spazio a una cittadella sanitaria che forse non ci sarà mai. Ma questa è storia del passato. Da chi ha espugnato palazzo Cernezzi con lo slogan del cambio di passo, ci si dovrebbe aspettare qualcosa di più.

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