Como, con la 126
non si va lontano

Forse il divieto dei botti di Capodanno deciso dalla Giunta di Como si deve al fatto che il botto più forte l’ha fatto proprio la squadra guidata da Mario Lucini.

La clamorosa retromarcia sul centro unico di cottura dei pasti serviti nelle mense scolastiche comunali dopo aver fatto male i conti. C’è da credere che i botti li faranno i tappi di spumante delle tante famiglie allarmate per il viaggio che avrebbe dovuto fare il cibo per i figli. Ma certo, il governo di Como non fa un bella figura considerato che per questo provvedimento, ritenuto irrinunciabile e indifferibile per lenire gli oneri del servizio, si era arrivati quasi allo scontro all’interno della stessa maggioranza di centrosinistra.

Il punto unico di cottura sarebbe dovuto essere il numero 127 dei 126 elencati e diffusi nella ragionieristica conferenza di fine anno del sindaco di Como che si è voluto raffigurare come un Nibali che taglia il traguardo. Quello dell’anno che ci accingiamo a salutare, per il primo cittadino è stato solo un arrivo di tappa. Il personale “Giro di Como” di Lucini infatti terminerà a primavera 2017 quando i comaschi saranno chiamati alle urne per decidere se premiare ancora il centrosinistra o scegliere un’altra scuderia.

Ecco perché si può anche accettare che Lucini (il quale peraltro in questi giorni ha dimostrato maggior confidenza con i mezzi pubblici, la bici o il proverbiale cavallo di San Francesco) si presenti alla fine del 2015 a bordo di una 126, un’utilitaria peraltro un po’ inquinante visto che era prodotta in un’epoca in cui non si guardava troppo per il sottile alle famigerate e quasi omonime polveri. La 126 era un’ottima macchina da città, anche comoda da parcheggiare, ma un po’ scomoda per i lunghi viaggi. La metafora potrebbe calzare a pannello per il bilancio di quest’anno della giunta, tanti piccoli (molti significativi peraltro) interventi, quasi nessuna di quelle grandi opere che possono portare Como lontano. L’unica avviata, di fatto, è il recupero della Trevitex ideato dai predecessori dell’attuale giunta.

Per trasformare la 126 in una 128 (sempre Fiat, anch’essa d’antan ma berlina) ci sarebbero voluti anche il lungolago e l’ex Ticosa che valgono però almeno doppio. Ecco che allora Lucini e la sua squadra avrebbero potuto presentarsi su una 130 (anch’essa prodotta dall’industria che allora stava tutta a Torino e utilizzata come vettura di rappresentanza anche dai ministeri). Un’auto perfetta per portare Como lontano. E se pensate che si tratta di un veicolo un po’ datato sappiate che ai tempi in cui si cominciava a parlare del recupero della Ticosa, stava entrando in produzione. L’ex tintostamperia sarà forse il cavallo di battaglia dell’amministrazione per l’anno che verrà. L’iter del progetto di recupero con Multi, pur complesso, è già in fase avanzata e salvo sorprese tipo punto unico di cottura, dovrebbero esserci novità a breve.

Sul lungolago la questione è più spessa e non dipende più solo da Como ma dall’autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone. Al suo verdetto è appesa una bella fetta del futuro non solo del sindaco e dell’amministrazione, ma della città. Ecco perché anche il peggior gufo in circolazione da queste parti dovrebbe augurarsi che nel 2016 la questione si sbrogli. Il sindaco peraltro può anche sostenere a ragione che ormai non dipende più solo da lui e non è colpa sua (anche se alcuni questioni all’esame del magistrato oggi più celebre d’Italia sono legate al suo operato) ma fallo capire poi agli elettori che l’hanno votato per rivedere il lago e si ritrovano ancora con il cantiere fantasma.

L’unico augurio che si può fare per il 2016 di Como, perciò, è quello di veder tornare le ruspe in Ticosa (stavolta per costruire) e il cantiere del lungolago ripartire. Ma occorre scendere dalla 126 e ripresentarsi con una vettura più adeguata per andare lontano. La meta poi, nel 2017, la decideranno i comaschi con il loro voto.

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