Como ha le carte
per giocarsi la ripresa

Notizie tutt’altro che positive, dopo le ferie estive.

Basta leggere i commenti di imprenditori e sindacalisti comaschi per avere un quadro dettagliato della situazione. La crisi morde ancora, addirittura ci sono aziende che resteranno chiuse cinque o sei settimane, per carenza di ordini. Sarebbe facile abbandonarsi allo sconforto e al pessimismo, ma che senso avrebbe? Cerchiamo, ancora una volta, di ragionare sui punti di forza del territorio, sulle chiavi che possono consentirci di non andare al tappeto e, magari, di riprenderci prima degli altri. Senza voler insegnare nulla a chi da decenni guida una grande azienda o alza tutti i giorni la saracinesca dell’officina. Semmai, è un invito a non abbandonare la speranza e a puntare con ancora più forza sulle carte che possono rivelarsi vincenti.

Giusto lamentarsi e sbraitare contro le tasse e la politica a tutti i livelli (lo fanno, anche nelle interviste di oggi, gli artigiani). Ma non basta e gli imprenditori - piccoli e grandi - lo sanno bene. La prima mossa che può fare la differenza, non scopriamo l’acqua calda, si chiama innovazione. Non bisogna aver paura di cambiare, non ci si può chiudere a riccio come reazione agli schiaffi della crisi. Per quanto costi fatica, l’atteggiamento dev’essere quello opposto. Riconvertirsi, cercare nuove nicchie di mercato, anche in Paesi e in settori fino ad oggi ignorati o snobbati. Magari seguendo gli esempi virtuosi arrivati anche di recente dal legno-arredo (capace di esplorare mondi lontanissimi) e dal tessile, che ha scelto l’innovazione tecnologica e sta tenendo più di altri, a dispetto di quelli che ne avevano già celebrato il funerale.

Per innovare servono - non sufficienti ma necessari - i giovani. Ed ecco la seconda carta che si può estrarre dal mazzo e posizionare al centro del tavolo. Di giovani e di “nuovismo” ci si riempie spesso la bocca, poi però basta fermarsi un secondo a riflettere - provateci - e ci vengono in mente decine di esempi di ragazzi intelligenti e preparati che non hanno avuto una chance vera. Abbiamo raccontato spesso le loro storie, su queste pagine e su quelle del Mag, raccogliendone le frustrazioni e la voglia di scappare all’estero.

Perdere i migliori talenti è l’ultima cosa che questo territorio può permettersi di fare. Qualcuno l’ha capito benissimo (pensiamo ai tanti progetti della Camera di commercio, con le università) ma altri sembrano in difficoltà nel passare dalla teoria alla pratica.

Terza carta, e non suoni come uno sterile ritornello: fare squadra. Un appello arrivato decine, centinaia, forse migliaia di volte, eppure non ancora pienamente raccolto. Basta con la favoletta dei comaschi che, «per Dna», non sanno lavorare insieme. Anche qui, c’è chi indica la strada: il tavolo della competitività, capace di riunire tutte le realtà importanti della provincia e combattere battaglie importanti. Come non citare, per esempio, la recente proposta sulla zona franca. Quarta carta: l’appuntamento con Expo 2015, vetrina ineguagliabile per il territorio ma anche opportunità da non lasciarsi sfuggire, per costruire nuovi rapporti e nuove reti, ricavandone ossigeno.

Arriviamo all’ultima carta, al contempo nota dolente e jolly: le vituperate amministrazioni pubbliche. Il Comune di Como si sta sforzando di unire e ascoltare, un buon inizio. Anche se gli imprenditori chiedono di più: abbassare Imu e Tares, dare un taglio alla burocrazia.

La partita è ancora tutta da giocare, Como non parte battuta.

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