Due gioielli di como
lasciati a se stessi

Villa Geno e la piscina Sinigaglia. Due vicende diverse e allo stesso modo amare perché si tratta di veri gioielli del patrimonio cittadino. Gioielli perché, al di là del loro valore monumentale ed economico, entrambi hanno un posto speciale nel cuore di migliaia di comaschi.

Quanti di noi serbano un ricordo particolare di una passeggiata a Villa Geno o di una cena in quello che rimarrà per sempre il ristorante Pizzi? E, allo stesso tempo, quanti sono quelli che sono passati dalla vasca di via Sinigaglia per

imparare a nuotare? Tanti, tantissimi ed è soprattutto per questo che rappresenta una ferita assistere al degrado di due luoghi tanto cari.

Prendiamo Villa Geno, sulla carta la sede che ogni chef sogna per il proprio ristorante. Eppure, in queste ore, si assiste all’indegno epilogo del braccio di ferro tra il Comune, proprietario dell’immobile, e la società concessionaria. Quest’ultima è, come noto, in uscita ma sta sbaraccando nel peggiore dei modi perché, a prescindere dal merito del contenzioso, non è accettabile mollare un immobile di tale importanza nello stato pietoso in cui si presentava ieri mattina: accessibile a chiunque, invaso da sacchi di immondizia e materiali di lavoro dismessi.

Ora, non si pretende che l’inquilino faccia le grandi pulizie prima di fare le valigie, ma Villa Geno è una “casa” speciale e trattarla così equivale a dare uno schiaffo alla città e ai comaschi.

Se gli ultimatum dell’assessore Iantorno sono rimasti inascoltati, i titolari della Cabella, alcuni dei quali già amministratori locali a vario livello, si mettano una mano sulla coscienza e provvedano a consegnare la Villa, alla vigilia della stagione turistica, in condizioni perlomeno dignitose.

Fa male anche vedere la Sinigaglia nello stato in cui è. Sei anni di cantiere a causa di grane infinite tra il Comune e l’impresa appaltatrice, più di due milioni di euro spesi per il restauro, sette anni di utilizzo e ora lo spettacolo, penoso, dei teloni di protezione per “salvare” le tesserine del rivestimento che stanno staccandosi dalla vasca. Intendiamoci, Csu (Como Servizi Urbani), l’attuale gestore, non ha responsabilità e anche l’attuale amministrazione c’entra poco.

La piscina, riqualificata grazie ai fondi raccolti dalla vendita delle azioni della Milano-Serravalle, è stata considerata, legittimamente, un fiore all’occhiello della giunta Bruni che pur dopo mille traversie riuscì, nel 2007, a regalare ai comaschi un impianto storico radicalmente ammodernato.

Un intervento complesso, condizionato da mille vincoli, il cui risultato, già all’inaugurazione, non sembrò un capolavoro di funzionalità. Ora la grana del rivestimento con una nuova, l’ennesima causa legale all’orizzonte, e la certezza di ulteriori spese per sistemare le cose.

Su patrimonio e opere pubbliche, in termini di competenza e professionalità, abbiamo molta da strada da recuperare.

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