I giornalisti ideali
secondo Landriscina

Lucio Dalla, che ci manca da 7 anni e che pochi giorni fa ne avrebbe compiuti 76, nella sua poetica “Com’è profondo il mare” canta che «il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce e come pesce è difficile da bloccare». Figuriamoci se il frutto delle meningi di qualcuno che si picca di fare il proprio mestiere con il minimo sindacale di onestà intellettuale, non solo rompe il silenzio ma si azzarda addirittura a imbrattare quella carta destinata poco tempo dopo a fare da scorta a un mazzo di rapanelli.

Mario Landriscina, sindaco pro tempore di Como, dal suo bunker, magari pronto a immolarsi dopo uno strenuo combattimento abbracciato alle ceneri di Plinio il Vecchio, ha voluto tracciare il suo modello di giornalismo ideale, quello del pesce silente, oltretutto non troppo guizzante e quindi facile da bloccare. «A Palermo – ha spiegato il primo cittadino pro tempore per volontà di una quota non maggioritaria dei comaschi - qualche giorno fa il sindaco ha cambiato 6 o 7 assessori in una volta sola e nessuno ha detto niente, non ho visto alcun clamore». Tutto questo dopo un armamentariato florilegio a proposito di «situazioni deplorevoli sul piano del linguaggio e dei rapporti tra le persone» e «chiacchiericcio inutile» mentre lui, anzi la giunta è «concentrata sulle cose importanti».

Dite: vi sono fischiate le orecchie, eh? Sì, per fortuna, perché se nei nostri padiglioni auricolari fosse rimasto un cavernoso silenzio ci sarebbe da preoccuparsi. Perché significherebbe che anche quel minimo sindacale di cui sopra sarebbe venuto meno e allora tanto varrebbe tirare giù la cler. Dei fatti di giunta avvenuti a Palermo sappiamo poco o punto e neppure Landriscina è così informato se non conosce il numero esatto dei cambi di squadra operati dal suo omologo pro tempore siciliano e neppure abbiamo notizia di eventuali assessori usciti dalla compagnia con indosso una divisa e rientrati con un’altra nel giro di poche ore. Ma il pretendere che un sindaco eletto dalla gente debba rendere conto di essa h24 delle sue decisioni, ivi comprese le sostituzioni dei collaboratori sembra talmente scontato che viene da chiedersi per quale ragioni ci tocchi metterlo nero su bianco. E poi Palermo è Palermo e Como è Como. Senza scomodare esempi di chi per sapere le ragioni che stavano dietro i fatti in Sicilia ci ha lasciato le penne, come Mauro De Mauro, Pippo Fava e Mario Francese tanto per citare i casi più celebri, vien da chiedersi se il nostro sindaco prediliga l’omertà alla trasparenza. Con ogni probabilità visti i precedenti e felici di sbagliarci in caso contrario, non lo sapremo mai.

Ci dispiace, non per noi ma per i cittadini, gli amministrati, gli elettori di Landriscina che, per un elementare principio di democrazia, avrebbero il diritto di conoscere e il dovere di informarsi se gli fosse consentito. Di essere edotti, innanzitutto, attraverso tutti i canali possibili, su cosa vuole fare questa amministrazione della nostra città, al di là delle inevitabili e ordinarie contingenze. Se voi che stata dall’altra parte della pagina lo avete compreso, fatecelo sapere e ve ne saremo grati. Sarebbe bello anche capire cosa accade in una giunta che perde pezzi come un vascello dal legname marcilento. Perché l’assessore Locatelli (Amelia) non sia più tale, ora seguita dall’assessore Rossotti. “Cose di donne”, si sarebbe forse detto una volta davanti alla curiosità di ragazzini impertinenti. E poiché i giornalisti devono essere eterni Giamburrasca rispettosi solo della verità, ecco che il modello Palermo, tutto da verificare, non può essere adattato alla realtà comasca.

Chiaro che se il metodo è quello di alzare colonne di fumo davanti a legittimi quesiti non sarà facile per il cittadino comasco vedere in maniera nitida quanto accade dentro il bunker cernezziano, assediato dalle truppe alessandrine. Ma c’è da essere certi che noi continueremo a provarci a raccontare come vanno le cose, nella massima trasparenza. Non per fanfaronesche spacconate da eroi del bar della pesa, ma per continuare a svolgere un mestiere a cui bisogna dare un senso ogni giorno.

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