I politici under 50
sul crinale della crisi

Una signora ti ferma ai margini della Città Murata. Vestita in modo dignitoso, non una mendicante, cadenza lombarda. Chiede un aiuto per tirare avanti. Ma che ci può fare con un euro? «Ci faccio eccome», replica dopo aver ringraziato, «lo metto nel salvadanaio e appena possibile comincio a liberarmi dei debiti».

Un messaggio nello stesso tempo di disperazione e speranza, un po’ com’è questa fine 2013 sul crinale di una crisi che forse comincia all’allontanarsi all’orizzonte.

Segnali confortanti per il Comasco arrivano dalle dichiarazioni di Mario Pittorelli, imprenditore nel settore

dei trasporti quando rivela che le merci hanno ricominciato a circolare e con loro il denaro che si era fermato. Dall’altra parte ci sono i tanti che hanno perso il lavoro o no n lo trovano, il cui emblema è il caso Sisme di Olgiate.

Una cosa è certa: l’uscita dall’abisso sarà lunga come lo è stato l’ingresso. Ma bisogna prepararci. E la politica non può chiamarsi fuori.

Vero è che ormai l’economia viaggia con tempi e modalità diverse da quelle del Palazzo, che il famoso primato del secondo sulla prima non è più tale, che sta tramontando anche il mito caro alla sinistra del sindacato cinghia di trasmissione del partito. Ma allora perché da parte di imprenditori e lavoratori continuano ad arrivare invocazioni o improperi o levate di forconi verso il ceto politico che deve, a seconda, dare risposte o lasciare spazio a chi in grado di farlo?

Davanti a questa domanda dovrebbe fermarsi a riflettere la generazione di fenomeni, quella dei quarantenni al potere, indicata dal premier Enrico Letta (che peraltro di anni ne avrà 47 nel 2014). Va bene, chiamiamoli under 50, ma è pur vero che sono mutati gli attori protagonisti della politica. Il ricambio generazionale al governo, in Parlamento, alla guida del principale partito italiano, il Pd, c’è stato. Un a botta significativo, perlomeno nel togliere la polvere agli astuti e stantii rituali della politica, l’hanno data i giovani grillini nelle istituzioni, più del loro maturo leader al di fuori di esse.Sembra ormai del tutto rottamata una generazione di politici che da giovani doveva cambiare il mondo. Il mondo però ha cambiato loro. E spesso, purtroppo, non in meglio.

Alla generazione dei quarantenni o quasi al potere sono appese le speranze dei ventenni che vogliono entrare nel mondo del lavoro e le angosce dei cinquantenni che temono di esserne espulsi. Qualcuno dirà che sono illusioni. Che dai politici, anche da questi politici nuovi o presunti tali, non ci deve aspettare nulla. Forse anche a ragione, visti certe decisioni o indecisioni del governo in carica, non a caso incalzato dal leader del Pd. Ma l’alternativa qual è? Ripiombare nella palude del ventennio appena trascorso o peggio? Certo si potrebbe obiettare che Letta, Alfano e Renzi hanno in comune la matrice democristiana, quella forza politica carsica che appare e scompare in continuo. Magari moriremo davvero democristiani. Sarà sempre meglio che morire di fame,

L’immediata verifica sulla nuova generazione al potere è nei punti fissati nell’agenda di Matteo Renzi per gennaio: riforma del lavoro e riforma elettorale. La prima è indispensabile per togliere le troppe ingessature, cementate dalla crisi, che hanno creato una percentuale di disoccupazione giovanile da paura. La seconda deve finalmente ridare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. E si può star certi, che viste le facce che sono approdate negli ultimi anni sugli scranni di Montecitorio e palazzo Madama, in pochi saranno di bocca buona. Da qui si misureranno nel concreto la credebilità e la capacita operativa del sindaco di Firenze e l’effettiva volontà degli under 50 di cambiare passo. Se partirà la rivoluzione dei quarantenni anche l’ottantenne Napolitano, potrà finalmente prendere congedo. In caso contrario, con buona pace di Grillo, resterà al Quirinale a vita. E sarà meglio così. Anche per la politica è il momento di dare forma alla speranza. Proprio come la signora bisognosa di aiuto, che, contando anche sulla solidarietà, che in fondo è solo un altro modo di fare squadra, prova a valicare il crinale della crisi.

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