Il muro economico
tra Como e chiasso

Come Berlino Ovest e Berlino Est, al netto della politica. Di là, a Chiasso, l’economiariparte, l’occupazione sale e attira sempre di più lavoratore e tecnici comaschi. Di qua a Como qualcosa di muove. Ma il passo, è inutile nasconderlo è un altro, non paragonabile a quello scandito al di là di quella ideae Porta di Brandeburgo rappresentata dalla dogana di Ponte Chiasso.

Non c’è il muro, va bene. Perlomeno non quello di cemento e filo spinato con i vopos armati a fare la guardia. Ma nel terzo millennio i muri dell’economia

possono essere virtuali (vero Frau Merkel, a proposito di Berlino) e invalicabili. All’uomo della strada (di confine) viene da chiedersi perché tante differenze a una manciata di metri di distanza. Lì, dove anche il mercato interno viaggia mentre noi ci dibattiamo come pesci fuor d’acqua tra stagnazione e deflazione. Sarà merito degli imprenditori svizzeri più capaci, innovati e creativi dei nostri? Ma va. A Como in particolare, un po’ anche per quella necessità che diventa virtù, su innovazione e creatività si sono fatti i salti mortali negli ultimi anni. E poi quante aziende nostrane sono passate dall’altra parte esportando anche cultura d’impresa? Allora saranno i lavoratori, più svizzeri come forma mentis e produttività?. Assolutamente no. Non fosse altro perché, gran parte della mano d’opera, qualificata arriva dall’altra parte del muro, il versante comasco.

Ci sono aree del Mendrisiotto in cui gli occupati italiani hanno superato quelli indigeni. Scartata anche questa ipotesi non resta molto. E c’è da picchiare la testa contro il muro (uno vero stavolta).

Perché la questione è sempre quella: meno tasse sul lavoro, una burocrazia discreta che fai fatica ad accorgerti che c’è e pochi vincoli. E poi, lo si dice a malincuore, anche meno Europa. Meno di questa Europa che, almeno dal punto di vista economico, non è quella che sarebbe dovuta essere nelle intenzioni dei suoi fondatori e promotori.

Per farla breve, va bene il jobs act, e anche il dibattito sul superamento dell’articolo 18. Ma se Renzi dopo la visita alla Silicon Valley andasse a farsi un giro anche in Valle di Muggio, a Chiasso, potrebbe trarre qualche ispirazione per una delle tante riforme che spara fuori come fossero gettoni dalle slot machine. Magari sarebbe la volta che si vince qualcosa.

Come fece Kennedy al cospetto del muro di Berlino, il nostro premier (è il tipo da queste cose) forse se ne uscirebbe con un “Io sono ticinese”, (in stretto dialetto locale) davanti alla dogana di Ponte Chiasso.

A parte le facezie e il solito benaltrismo: se non trovi il modo di ridurre il peso di fisco e burocrazia sul lavoro e sulle imprese, anche il jobs act finisce per diventare una pistola ad acqua.

Qualche tempo fa, un sondaggio lanciato sul nostro sito internet, diventò un caso nazionale. Quasi l’80% degli interpellati si disse favorevole all’annessione della provincia di Como al Canton Ticino. Forse allora è il caso di buttarlo giù questo muro.

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