Il sonno della politica
genera disastri

Povero Silvio. L’immagine di Berlusconi che si appisola durante le consultazioni della disperazione di un più che accigliato presidente della Repubblica Sergio Mattarella, diventa l’emblema di questa legislatura nata già morta. Uccisa in culla da una legge elettorale con la coda di paglia e dall’irresponsabilità dei partiti, tutti, nessuno escluso che, in un momento in cui più che mai si sarebbe dovuto operare per il bene comune a costo di fare delle rinunce, di sacrificare una parte dei frutti dell’insperato consenso ottenuto da elettori non si sa se più disillusi o disperati, hanno scelto di guardare solo al proprio tornaconto. Se il sonno della ragione genera mostri, quello della politica disastri. Per l’Italia e per gli italiani a cui pure toccherà, fra i tanti sacrifici, quello di tornare a votare con la quasi certezza che nulla potrà cambiare se non si metterà mano alla legge elettorale per far sì che, chiunque sia, almeno ci possa essere un vincitore che governi il paese.

In questo post voto del 4 marzo abbiamo visto il peggio della peggior politica. Gli insulti del giorno dopo al mancato alleato di quello prima, presunti statisti nuovi di zecca capaci di passare in un batter d’occhio dalla grisaglia andreottiana alla bandana di Che Guevara, spacconi da bar al quarto giro di bianchi sporchi che promettono di fare un governo che tanto i voti in Parlamento in qualche modo si trovano, lividi ex primattori che in un programma di varietà televisivo di prendono la briga e di certo il gusto di tagliare le gambe a un’alleanza senza neppure fare il gesto di andare a vedere le carte.

Ci sono passati davanti agli occhi consunti mandarini narcolettici che non si rassegnano all’idea di mollare il ballo e patetici consessi politici dove in nome di un’unità di facciata ci si rimangiava tutto quello che si era proclamato in precedenza: “Le ho prese ma gliene ho dette”. Lasciamo a voi lettori e di nuovo a breve elettori il gioco di dare nomi e volti a queste immagini della peggior politica della storia di questo Paese, che pure ne ha viste tante. Con un’unica eccezione, quella del presidente Mattarella che ieri ha cercato con rabbia e disperazione di mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità. Se l’Iva aumenterà ancora fino a raggiungere quasi un quarto del valore di prodotti e servizi, sapete di chi è la colpa, ha detto il Capo dello Stato. Se gli squali della speculazione che già stanno affilando la dentatura si avventeranno sui risparmi degli italiani conoscete le facce di chi glielo consentirà. Ma in pochi hanno colto gli avvertimenti di Colle. Troppe le orecchie foderate di cupidigia, di grottesca volontà di potenza, di ego smisurati e patetici se non fossero pericolosi. proprio alla luce di quanto paventato da Mattarella. Vero che a volte senza un governo si può andare avanti anche meglio. Ma succede perché comunque rimane in campo l’aspettativa di una guida politica del paese che prima o poi arriverà. In Germania, dice, ci hanno messo sei mesi. Ma, al di là del fatto che loro possono permetterselo, il tempo non è stato utilizzato per insulti e ganassate ma nella ricerca di un programma attorno al quale potessero incontrarsi forze anche antagoniste. Perché è il proporzionale, bellezza. Prima si vota e si marcia divisi poi si cerca una comunanza di intenti sulle cose da fare. È successo questo da noi? Se dal 4 marzo a oggi avete avuto notizie di una discussione sulle cose da fare e non su accordi e premiership fatecelo sapere. Nell’attesa c’è solo da augurarsi che la politica si svegli. Ma non succederà.

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