La vittoria di Renzi
è anche di sostanza

Con il primo sì del Senato alla riforma della Costituzione, Renzi incassa un risultato sul quale, fino a pochi mesi fa, in pochi avrebbero scommesso. Si dirà che le riforme istituzionali non danno da mangiare, e che gli italiani aspettano con ansia di sapere se, nell’attesa di una ripresa che sembra non arrivare mai, saranno chiamati a fare nuovi sacrifici per evitare lo sforamento del deficit.

Eppure il voto di Palazzo Madama dimostra che il governo è in grado di imporre il cambiamento superando le resistenze conservatrici: Renzi è convinto che il successo conseguito potrà innescare un circuito virtuoso le cui tappe intermedie saranno le riforme e i provvedimenti anticrisi che anche Mario Draghi ha caldamente invitato ad approvare.

Il giovane premier utilizza subito il punto segnato al Senato rilanciando la convinzione che, a questo punto, «nessuno potrà più fermare il cambiamento». In effetti è difficile pensare che alla Camera, dove la riforma della costituzione si trasferirà a settembre, possa vincere il partito del rinvio: se si è arrivati nei tempi previsti al sì del Senato, dove i numeri erano più risicati, alla Camera, dove il vantaggio della maggioranza è molto più ampia, la navigazione del ddl Boschi sarà prevedibilmente ancora più agevole. Un’occhiata ai numeri della votazione del Senato, fa però capire che il via libera alla riforma costituzionale è stato possibile solo grazie all’apporto determinante di Forza Italia. Dissidenti e malpancisti hanno tolto alla maggioranza un discreto numero di senatori, ma senza la pattuglia dei berlusconiani il progetto di approvare le riforme prima della pausa estiva non sarebbe mai andato in porto. Insomma, il voto di oggi non solo rafforza il patto del Nazareno, ma dà un ruolo fondamentale a Silvio Berlusconi anche nella tenuta del governo.

Lo stesso Berlusconi ne è ben consapevole: la sua lettera ai deputati e ai senatori trabocca di entusiasmo per la rinascita di Forza Italia che«torna protagonista». Insieme a Renzi è il Cavaliere che oggi può cantare vittoria, tanto da spingersi a prevedere che, in tempi brevi, recupererà la sua «agibilità politica» e potrà rientrare a testa alta sulla scena istituzionale. L’asse Renzi-Berlusconi per ora è limitato alle riforme, con la formula della doppia maggioranza. Chi sa se in futuro si possa allargare anche ai provvedimenti per il rilancio dell’economia. Per ora Berlusconi pensa soprattutto alla ricostruzione dell’identità del suo partito, precisando che sui temi del fisco e dell’economia Forza Italia è distante anni luce da Renzi e rappresenta oggi «la sola opposizione credibile». La rifondazione del partito passa oggi per questo esercizio di equilibrismo: alleanza stretta sulle riforme, opposizione senza sconti sul resto. Ma a decidere gli sviluppi di questa «strana alleanza» saranno solo Renzi e Berlusconi: dissidenti e frondisti dei rispettivi partiti si sono dimostrati ininfluenti e oggi segnano il passo. Né Fitto né Cuperlo sono stati in grado di imporre un cambiamento significativo ai loro leader, anche perché la loro comune battaglia per il senato elettivo (condotta insieme a grillini e leghisti) non potendo in nessun caso tradursi in un’alleanza politica ha prestato il fianco all’accusa di essere una battaglia di retroguardia.

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