L’accordo Renzi-Cav
terremota la politica

L’accordo sulla legge elettorale tra Pd e Forza Italia sconvolge il quadro politico. Matteo Renzi lo ha potuto verificare con le dimissioni di Gianni Cuperlo dalla presidenza del partito: il leader della minoranza interna gli contesta infatti la «concezione» stessa con la quale guida il Pd e che, è il sottinteso, lo ha condotto al patto politico con l’avversario di sempre.

Non a caso i renziani parlano di strumentalità della mossa di Cuperlo, tesa non tanto a fare muro contro il mancato ritorno alle preferenze quanto a mettere in discussione la bozza di

riforma concordata con il Cavaliere. Lo si capisce dal modo in cui il sindaco rottamatore parla di «pretestuoso accanimento’’ contro un accordo che pure ha portato in casa democratica risultati come il doppio turno (bandiera di sempre della sinistra), l’abolizione del Senato, il taglio dei parlamentari e la revisione del titolo V della Costituzione. Sono obiettivi da buttare a mare perché mancano le preferenze (che saranno sostituite dalle primarie per la scelta dei parlamentari)? Secondo Renzi certamente no, anche perché coloro che oggi si battono per il ritorno al voto di preferenza (che fu cancellato da un referendum popolare) fino a pochi mesi fa lo contestavano apertamente.

Ma il segnale politico resta, sebbene una parte della minoranza interna (per esempio i Giovani turchi) si sia dissociata dalla posizione cuperliana e lo stesso Stefano Fassina abbia riconosciuto «l’ottimo lavoro» svolto fin qui dal segretario. La preoccupazione, che a questo punto serpeggia anche al Quirinale e a palazzo Chigi, è che nel percorso parlamentare la bozza d’intesa possa subire contraccolpi imprevisti mandando tutto all’aria. Del resto il sindaco di Firenze è stato chiaro nel sottolineare come Forza Italia abbia bocciato senza appello il ritorno al voto di preferenza: il che significa che c’è un impegno preciso a difendere l’intesa, una sorta di garanzia reciproca a mantenere i punti concordati.

La sinistra cuperliana e bersaniana teme che ciò si traduca in un asse privilegiato con il Cavaliere. Che l’accordo vero, in altre parole, sia solo quello tra Renzi e Berlusconi. Il tutto sullo sfondo delle nuove notizie giudiziarie che hanno raggiunto il leader del centrodestra (fissazione dell’udienza di affidamento ai servizi sociali per il 10 aprile, possibile rinvio a giudizio nell’ambito del processo «Ruby ter» e dei crescenti malumori dei «partitini» invitati sbrigativamente dal rottamatore ad «arrangiarsi» e a non mettere il bastone tra le ruote per i propri interessi di bottega.

Il pericolo che gli staff dei due grandi protagonisti hanno chiaro è quello del voto segreto in Parlamento e la saldatura con il Movimento 5 Stelle che non accetta compromessi e allo stesso tempo accusa Renzi e Berlusconi di rappresentare due facce della stessa medaglia ipermaggioritaria.

Questo è il motivo per cui il segretario del Pd rilancia la palla nel campo del Nuovo Centrodestra: dal momento che Angelino Alfano è stato tra i protagonisti dell’intesa, fa sapere il sindaco rottamatore, cerchi lui di convincere il Cavaliere alle modifiche che stanno a cuore ai piccoli.

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