Ma noi comaschi
ci meritiamo le pernacchie

La considerazione finale echeggia per le contrade comasche ed è sempre quella di Fantozzi che, dopo uno “stage” con l’isolatissimo sindacalista Folagra, scopre la verità sui rapporti tra dipendenti e datori o lavoro (o padroni): “Ma allora mi hanno sempre preso per il…”. E già, e succede proprio sulle contrade, termine arcaico che certo il ministro Toninelli, grillino amato dalla sinistra seguace di Ned Ludd, quello che voleva fermare il progresso a mani nude, preferirà al più bitumoso “infrastrutture”. Che sarebbero le solite: la tangenziale di Como e la variante Tremezzina. Sulla prima siamo passate dalle suadenti promesse di realizzazione del secondo lotto e di gratuità dei pedaggi, formulate da presidenti di Regione in carica, in pectore e aspiranti, alle algide pernacchie dei vertici di società Pedemontana. Non se ne parli più e chi ha avuto ha avuto (non i comaschi) e chi ha dato a dato (i comaschi). Più a Nord (parola la cui importanza nella politica è precipitata più in basso del Pd di Renzi), la variante Tremezzina, che sembrava un gatto già insaccato ,rischia di brutto. Il lassismo del governo che, tramite il solito Toninelli difeso dagli ecotafazzisti lariani, l’ha derubricata a opera minore, fa temere un fatale dilatarsi dei tempi tecnici, e ti saluto finanziamenti.

Sai che brodo di giuggiole beccarsi le code, lo smog così ecologico e i rischi di una transumanza turistica verso borgate meno ameno ma più funzionali. Meglio soli, dice il proverbio. Ma con i proverbi non si condisce la pastasciutta.

Che poi a mettere le toppe, cioè i movieri, debbano essere solo i Comuni, ai signori del cambiamento non interessa. E neppure, a quanto pare, che qui cambi nulla, come dimostra anche l’articolo che state leggendo e il cui refrain avrete ormai imparato a memoria.

Diciamola tutta, la colpa è anche nostra. Ci sarà pure un perché Lecco e Varese, anche magari con fatica, hanno portato a casa tutto il piatto e noi neppure un pugno di lenticchie. Non deve essere l’aria che più o meno è la stessa, figurati l’acqua condivisa con gli odioamati consanguinei dell’altro ramo lariano. Allora sarà il carattere. Noi comaschi siamo fatti a modo nostro. Facciamo cravatte, foulard, mobili, tutto di eccellenza, ma non squadra. Quando si tratta di giocare la palla piuttosto che passarla ai compagni preferiamo farcela portare via dagli avversari. E ci piace vedere l’effetto che fa. Se qualcuno osa mettere fuori il muso, gli altri al di là della pubblica solidarietà più fasulla dei Modigliani fatti trovare a Livorno nel favolosi anni Ottanta, si danno di gomito e, rigorosamente in privato, gliene cacciano di ogni: “Ma chi si crede di essere”, “Con quello che ha combinato”, “Ma stia zitto e pensi a pagare le tasse”, “Dove vuole andare questo?” “Guardi ai problemi che ha a casa sua”. Ma se lo incontrano, grandi scappellate davanti al reprobo che ha osato farla fuori dal viso. Pensiamo al giudizio su questa amministrazione. Nessuna, bisogna sottolinearlo, negli ultimi 20 anni ha mai goduto di grande popolarità. Ma la delusione generata dalla moviolesca inazione della squadra di Mario Landriscina batte tutti. Se davanti a un bianco sporco decollano stormi di stracci, in pubblico parte il disco del silenzio. Assordante.

Certo, anche i nostri i politici sono quelli che sono. Tutti lì che interpellano, denunciano, si arrabattono, si indignano, si ingrugnano, si stracciano vesti per ricevere sempre la stesso risposta del Marchese del Grillo: “Io so io e voi non siete un...”. Quella vera è soprattutto la seconda parte. Ma gli eletti diventano anche espressione degli elettori. E se i comaschi, che pure quando serve cuore, intraprendenza e capacità fuori dal comune (la storia docet dai Plinii a Volta passando per Paolo Giovio e così via ) continuano a credere che i fallimenti altrui (e gli altrui sono tutti gente nostra) sono motivo di giubilo quasi come i successi propri è chiaro che la rappresentanza finisce per specchiarsi. Inutile elencare gli esempi.

Insomma sarebbe ora che noi comaschi ci facessimo un esame di coscienza. E provassimo a cambiare. Se no altro che treni, qui perdiamo pure le strade e tutte le occasioni. E restiamo a crogiolarci nella consolante constatazione che l’erba del vicino non è più verde della nostra. Se il vicino, naturalmente, non è di Lecco o Varese..

@angelini_f

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