Politeama. I soldi non sono il problema

«I soldi sono un problema ma non il problema. Se si ha un buon progetto un finanziatore in qualche modo si trova sempre». Le parole sono prese in prestito da un’articolata riflessione di Nini Binda sullo stato, oggettivamente poco incoraggiante, di viabilità e parcheggi in città.

Nel giro di qualche anno Como è riuscita in un doppio salto mortale del tafazzismo. Prima ha costruire quel maxi autosilo che è il Val Mulini e a ruota ha deciso di trasferire l’ospedale; in tempi più recenti ha realizzato un tratto di quella tangenziale attesa da mezzo secolo salvo poi scoprire che non viene usata quasi da nessuno (provare per credere lo stato di caos di Camerlata nelle ore di punta). Binda è intervenuto ieri a un dibattito allo Spazio Pifferi sollecitando gli amministratori presenti e futuri ad avere coraggio, ad assumere scelte veramente significative anche a costo di qualche impopolarità nel breve periodo e soprattutto a non rinunciare di fronte all’esiguità delle risorse a disposizione. «Quelle – ha detto Binda – si trovano». Bisogna cercarle con maggiore competenza, ad esempio, nell’ambito dei finanziamenti europei e probabilmente lo stesso ragionamento fatto per la viabilità potrebbe valere per la cultura, per il Politeama in particolare. Già perché non arrivano buone notizie per la storica sala cittadina.

Sempre ieri si è ufficialmente appreso, nel corso di una commissione in Comune, che non c’è in pista alcuna iniziativa. Di più, al di là di qualche generico interesse, non c’è stato nell’arco dell’ultimo anno un solo soggetto privato che si sia fatto avanti con la concreta volontà di investire nella trasformazione della struttura. Si è avverata, una volta di più quella sorta di profezia che lo storico proprietario, Alfredo Gaffuri, ha consegnato agli annali cittadini poco prima di morire.

“Après moi, le déluge”, dopo di me il diluvio ripeteva l’ultimo erede di quell’Ettore Mercenaro che negli anni Venti aveva assunto proprietà e gestione del teatro. Gaffuri non era ottimista sulla sorte del Politeama nelle mani del Comune. E aveva ragione perché si sono avvicendati sindaci e assessori di diversa estrazione politica ma nulla è valso a smuovere la situazione.

Non è servito granché nemmeno il clamore che si è avuto sulla vicenda con le riprese di Virzì per “Il Capitale Umano”. Risultato, il Politeama sta letteralmente cadendo a pezzi e se non si provvederà in tempi brevi perlomeno a sistemare il tetto, l’immobile, un piccolo capolavoro di Federico Frigerio, rischia di rimanere irrimediabilmente compromesso.

Non ci resta che piangere? Forse sì, ma una volta asciugate le lacrime bisognerebbe iniziare a porsi qualche domanda. Primo, se sino ad ora le cose sono andate storte non è venuto il momento di cambiare rotta? Come? Innanzi tutto allargando la platea dei potenziali partner oltre i confini, in questo caso sì un po’ stretti, della nostra provincia. Poi, inevitabile, va aumentato l’appeal dell’operazione anche dal punto di vista commerciale.

Salva la vocazione culturale di fondo vanno indagati i margini per arricchire il contorno di contenuti ad alta redditività. Senza pregiudizi e con l’ottimistica convenzione che il Politeama da grana infinita potrebbe diventare straordinaria opportunità.

Altrove sono state recuperate e trasformate strutture più periferiche e meno preziose della nostra. Perché Como deve arrendersi? Perché Como non può fare le stesso? Con la cultura, ama ripeterlo l’artista comasco Pierpaolo Perretta (sì, Mr Savethewall), si mangia.

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