Riforma elettorale
Il grande inganno

Nel nostro paese accade spesso che, in politica, le decisioni più delicate sortiscano da un clima emergenziale utile a conferire alle questioni quell’urgenza che risponde a precise finalità, quasi sempre occulte. L’ultimo esempio è dato dalla legge elettorale sulla quale l’intero ceto politico continua a dare la parte peggiore di sé.

La disputa sulle preferenze rivela l’ipocrisia dei nostri partiti i quali, dopo aver avallato il “porcellum” fingendo per anni di osteggiarlo, si accingono ora a riesumarlo sotto mentite spoglie.

Si tratta di una delle tante anomalie della politica italiana da cui traspare il disegno delle oligarchie di avocare a sé la scelta dei parlamentari sottraendola artatamente al cittadino. Ma esiste un’altra anomalia, non meno clamorosa, che è quella rappresentata dal Grande Rottamatore il quale, dopo avere proclamato per mesi la necessità di un ricambio generazionale, non ha esitato a riabilitare il Cavaliere a cui è stata offerta la ghiotta occasione di assurgere all’inopinato ruolo di “padre della Patria”. La legge elettorale di Renzi e Berlusconi, pomposamente battezzata “Italicum”, finge di ignorare che le liste bloccate finiscono per alimentare i vizi atavici della politica italiana: il servilismo, il conformismo, la cooptazione come metodo di selezione della classe politica.

Negli ultimi giorni, uno stuolo di giovani silfidi è stato sguinzagliato in tv per ripetere la solfa che questa sarebbe “l’ultima spiaggia per le riforme di cui ha bisogno”. Niente di più menzognero. La verità è che, sotto l’incalzare della crisi, si sta cercando di imporre una riforma elettorale il cui vero obiettivo è quello di rinserrare le fila attorno al leader eliminando “in nuce” ogni ipotesi di dissenso. Gli argomenti con cui si suole eliminare le preferenze risultano, invero, grotteschi e pretestuosi. Secondo i renziani le preferenze finirebbero per incoraggiare il voto di scambio e favorire la mafia ma fingono di dimenticare che il “porcellum” ha consentito l’ingresso in parlamento di una falange di inquisiti, ciambellani e lacché. Il prof. Alimonte, il costituzionalista che passa per l’ispiratore della riforma, sa bene che, senza le preferenze, non ha più senso parlare di democrazia rappresentativa perché viene meno, in modo irrimediabile, il rapporto tra elettori ed eletti. Le primarie, da sole, non sono in grado di compensare questo deficit di rappresentatività del ceto politico visto che, come l’esperienza insegna, si tratta spesso di una competizione inficiata dall’appoggio del partito ad uno dei candidati: in pratica, un trucco per gonzi. Occorre prendere definitivamente atto che ci stiamo avviando ad una completa omologazione dei due grandi schieramenti di cui è sempre più difficile cogliere le differenze. Come Forza Italia, ora anche il Pd usa celebrare il verbo del rinnovamento attraverso l’esibizione di volti giovani e piacenti. Due schieramenti uguali, che dicono cose eguali, con le facce tutte eguali: sono i prodromi della politica italiana prossima ventura, meglio, della post-politica. Se lo volessero, solo i grillini potrebbero “sparigliare” questo ignobile pateracchio ma, purtroppo, il loro guru ha improvvidamente scelto l’Aventino. Anche per colpa loro, è forte la sensazione che sia ancora lunga la notte degli italiani.

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