Tangenziale, Como
presa in giro da 50 anni

In alcune espressioni, il dialetto veneto è più delicato del nostro. E consente di mandare in mona (come usava fare, ma in triestino, Nereo Rocco) senza apparire troppo volgari chi ti prende in giro o ti causa un danno.

Questa espressione Como deve dedicarla a tutti coloro che hanno avuto a che fare con quella colossale presa in giro che si chiama tangenziale. Il cerchio delle beffe irritanti si è chiuso ieri (forse). Non solo il moncherino d’asfalto che ci hanno gentilmente elemosinato dopo una lista d’attesa di dieci lustri si pagherà come se fosse lastricato d’oro zecchino (60 centesimi per poco più di due chilometri), ma neppure sarà percorribile nei tempi più volte indicati (cioè per l’avvio di Expo). E sapete perché? La strada è praticamente pronta, rifinita e attrezzata. Il ritardo è sul sistema di riscossione del pedaggio. Insomma se l’avessero aperta per tempo, avremmo dovuto concedere ai comaschi di usarla gratis. Non sia mai.

Del resto, con buona pace dei tanti voti regalati a forze ed esponenti politici che si sono riempiti la bocca con il territorio e i suoi interessi innanzitutto, prima il Nord, e abbiamo diritto alle infrastrutture signora mia e basta pagare somaro lombardo, e con noi le tasse resteranno sul territorio, a Como nessuno regala niente.

Una considerazione che riguarda tutti: destra, centro e sinistra. Che vadano in mona. E si accingano a un esame di coscienza: hanno fatto abbastanza per la tangenziale di Como? Se la risposta è no significa che non sono adeguati al loro ruolo. Se è sì il risultato è del tutto insufficiente. Entrambe buone ragioni per andare a casa, tutti. Anche se non lo faranno mai. Del resto li abbiamo messi lì noi. E forse con altri non sarebbe cambiato molto. Perché il problema è annoso. La realtà comasca, il concetto è stato espresso più volte, ha un peso politico piuma. Perché siamo gente mite, ragionevole che è abituata ad arrangiarsi da sola quando può, altrimenti pazienza.

Adesso basta però. Perché qui il problema non è neppure tanto quello della tangenziale che arriverà dopo Expo (del resto con l’aria che tira anche Expo rischia di partire dopo Expo). È diventata una questione di rispetto, di dignità di una comunità che al paese ha sempre dato e dà tanto e non solo quando si tratta di farsi mettere le mani in tasca per pagare le tasse. L’ormai sepolta (purtroppo a colpi di slogan) Questione settentrionale, partì proprio dalle strade. Dalle merci prodotte nelle industrie del Nord e bloccate in interminabili code su infrastrutture viarie inadeguate. E qualcosa. gli altri, hanno portato a casa. Como no. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, ecco un breve riassunto: la tangenziale sarebbe dovuto essere composta da due lotti: quello ultimato da Villa Guardia ad Albate, e l’altro rimasto nell’iperurianio delle promesse elettorali mancate che avrebbe collegato Albate ad Albese. Dopo averlo progettato si sono accorti che il secondo lotto costava troppo e l’hanno cassato. Ci sarebbe un’altra ipotesi meno onerosa ma nessuno la prende in considerazione. In Regione hanno inventato un’ipotetica autostrada Varese-Como-Lecco che avrebbe inglobato il tratto mancante di tangenziale ma nessuno ne parla più (anche la vergogna forse ha un limite). Poi hanno detto ai comaschi: va bene, il secondo lotto non si fa, ma il primo sarà gratuito almeno per tutta la durata dell’Expo. Adesso si sono accorti che è impossibile perché così non si pagherebbe il pedaggio al casello di Grandate dell’autostrada più cara d’Italia (2,20 euro fino alle porte di Milano). Insomma, come direbbe Fantozzi dopo aver finalmente realizzato, “allora ci hanno sempre preso per il...”.

Ecco adesso basta. Ora la strada da Questione settentrionale deve diventare Questione comasca. Il territorio si mobilità. La politica, le istituzioni, il mondo economico, le forze sociali si uniscano nella protesta dura. Adesso il secondo lotto ci spetta. I parlamentari si diano una mossa. Sono loro la cinghia di trasmissione tra noi e Roma. Andiamo da Delrio, da Renzi, da Mattarella, ma almeno facciamoci sentire. Altrimenti boicottiamo la tangenziale a pagamento: nessuno la percorra. E i politici vadano tutti in mona.

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