Turismo: Como tira
Ma serve una svolta

Turisti non per caso dalle parti del Lario. Anzi convinti e decisi, conquistati dal fascino del lago d’agosto. Una novità, non c’è che dire, questa riscoperta delle acque dolci proprio nel pieno della stagione, quando l’immaginario collettivo veleggia tra le spiagge dense di pedalò e “coccobello”, gli aperitivi nei superstabilimenti balneari e le discoteche di tendenza, magari dense di modelle e calciatori.

Contro un consolidato convincimento, il lago piace, eccome, anche d’estate. Nell’inchiesta sviluppata all’interno del giornale, emerge che in questi giorni di ferragosto il tasso di occupazione delle camere tra città e territorio è sul 90% appena dietro il leader lacuale, ovvero il Garda, attestato sul 95% e in diretta concorrenza con le stelle della riviera romagnola al top fra il 92 e il 97 per cento, come dire il “tutto esaurito”. Come è prevedibile c’è differenza fra il capoluogo e le “perle” Bellagio e Menaggio, ma il dato della città marca a fondo la tendenza che molti altri fattori da mesi stanno tracciando: quella che Como piace, attira e ormai diventata una vera attrattiva del turismo, in particolare di quello internazionale. Più riscontri, del resto, si hanno sia da una semplice visione dell’affollamento in centro di questi giorni, sia dalle dichiarazioni degli operatori che si dichiarano in modo compatto, soddisfatti. Anzi molto soddisfatti, siano essi titolari di hotel o di strutture come i bed&breakfast.

Scommessa vinta, dunque? No, ma le premesse per far svoltare definitivamente Como e il suo lago verso l’olimpo dell’industria ricettiva ci sono tutte. L’immagine è consolidata, il brand Como si vende a tutte le latitudini e l’arrivo di russi, cinesi, arabi prova che la capacità di attrazione soprattutto nel segmento alto è ai livelli massimi e si sta accelerando anche nel campo del turismo medio, della famiglia che non si può permettere i grandi alberghi ma non si vuole privare di un viaggio in questo angolo esclusivo d’Italia. Come suggeriscono gli stessi albergatori è il momento di consolidare, di far sì che il soggiorno sia meno breve e spontaneo, magari attirato dal luccichio Clooney. Ecco quindi la necessità di giocare con forza e investire sulla qualità, non solo delle strutture già a ottimi livelli, ma dell’offerta di servizi, cultura, eventi e intrattenimenti. E cominciare a considerare il fattore turismo sull’intero arco dell’anno e non più sulle canoniche stagioni di primavera e autunno.

A Como e sul lago si viene tutto il tempo dell’anno, questi luglio e agosto torridi ne sono la prova, le vecchie “serrate” di locali e servizi pubblici classiche del ferragosto di vent’anni fa devono essere dimenticate. Vanno inventate le “reti” di attrazioni come quelle dei percorsi culturali, dell’offerta artistica nel capoluogo e nel resto della provincia, vanno confermati e possibilmente incrementati i festival capaci d’interloquire con l’intera città anche in termini di spazi, vanno aperte ancora di più tutte le “porte” culturali seguendo l’esempio della proposta del Teatro Sociale oramai spalmata sui dodici mesi. Le istituzioni, com’è ovvio, sono chiamate ad essere in prima fila in questo impegno, ma stante le “febbri” delle casse pubbliche, devono essere supportate e imitate da privati consci che, oggi come oggi, e soprattutto nel Comasco, con la “cultura si mangia”, si creano posti di lavoro e l’economia accelera.

Se serviva un’ulteriore prova, il ferragosto comasco del “quasi tutto esaurito” è qui. Basta allungare la mano e il turista oggi è ben contento di specchiarsi nelle acque (oggi migliori del passato) del Lario e farsi accompagnare alla scoperta dei tesori locali. Como ha scoperto la sua nuova industria e quel che è più importante, anche sul piano dell’orgoglio, è che per farla girare a pieno regime non ha dovuto aspettare o contare sull’Expo.

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