Turismo, dietro
la vetrina poco

E allora continuiamo così: facciamoci del male. Nanni Moretti, nel bellissimo Bianca, lo sosteneva a proposito dell’ignoranza sulla torta Sacher. A Como il concetto si può rigirare sulla negazione della primavera. La bella stagione stimola tante cose. Non evidentemente gli ormoni di una città che fa di tutto per negare di essere turistica e neppure quelli di un sindacato inchiodato a logiche rugginose e glaciali (nel senso di ere) che neppure lo splendido sole di questi giorni è riuscito a far squagliare.

Ieri, festa del papà, mentre i padri comaschi erano costretti a lavorare, quelli svizzeri (beati loro) potevano godersela. Così come le mamme e i figli, esentati per un giorno dall’obbligo scolastico.

Che fare in una giornata con un cielo così azzurro da apparire un effetto speciale e un tepore da maggio più che marzo pazzerello? Magari una puntata mordi e fuggi su lago di Como, una gita in battello poiché il lago visto dal lago (come recita la pubblicità della navigazione) ,con un tempo così ,è davvero uno spettacolo della natura. Invece cosa hanno trovato gli svizzeri e tutti gli altri che avevano un giorno libero? Prima di tutto il caos per arrivare nel cuore di Como, stante la fermata d’autobus. Una volta raggiunti il parcheggio - con il coro dei commercianti che ti dice che tanto non lo si troverà mai a causa dell’ampliamento della zona pedonale - e il pontile sul lago, altra bella sorpresa: il battello non c’è. Secondo i dati è stato annullato il 60% delle corse: sei turisti su dieci lasciati a terra. Vabbeh, è possibile rimediare: c’è la funicolare. Si può salire a Brunate, ammirare il panorama da quel balcone naturale e stare un po’ più al fresco. Invece i gitanti sono stati freschi (che non è la stessa cosa). Anche la funicolare ha fatto festa in stazione. Qui sono saltate tutte le corse. Insomma della gita mordi e fuggi è rimasto solo il fuggi. Da un’altra parte. Magari sul lago di Lugano, versante svizzero, dove i battelli navigavano.

Certo, lo sciopero dei trasporti era nazionale. Si lotta per il contratto che è una faccenda importante per chi ha ancora il privilegio di possederne uno. E poi le dinamiche sindacali non possono mica tenere conto anche di quelle meteorologiche. Però è stata un’occasione perduta per Como. E tutta la città ha fatto una brutta figura. Non pochi sono stati i gitanti che si sono lamentati e magari non torneranno più. Scioperare è lecito. Ma spesso, in presenza di eventi eccezionali, l’astensione del lavoro rientra o è posticipato. Il tempo di questi giorni non può davvero essere classificato come un fatto straordinario? Non era proprio possibile garantire un servizio pubblico a una città e a un territorio che hanno bisogno del turismo come dell’ossigeno? Ieri, l’assessore regionale del settore, Cavalli, ha illustrato le potenzialità del Lario in occasione dell’Expo 2015. E se ci sarà uno sciopero dei trasporti anche il prossimo anno? Uno dei tanti paradossi di Como è quello della vetrina. Il Lario è pubblicizzato in tutto il mondo come una delle località al top per il turismo e il soggiorno. Una gran bella vetrina, appunto. Poi entri in negozio e scopri che la merce non c’è o non è proprio quella reclamizzata. Altro che la zona pedonale ampliata, sono anche e soprattutto altri gli intoppi che tarpano le ali all’industria turistica.

C’è un vecchio proverbio di queste parti, in dialetto, che sembra adattissimo alla circostanza di ieri: “l’è to’ il batell? Lasa che el funda” (è tuo il battello? Lascia che affondi).

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