Un’estate diversa
nei racconti de “L’Ordine”

Se all’uomo non è dato di creare la vita dal nulla, ha però un’altra grande opportunità: quella di raccontarla. La narrazione è una risorsa straordinaria e dal potenziale notevolissimo, nel bene e nel male: basti pensare a come la narrazione di un Paese, che è in sé un fatto a prescindere da quelli cui si ispira, possa influire sulla sua credibilità internazionale o persino sulle Borse. Ad agosto si possono fare due scelte: lasciarsi travolgere da chi, approfittando della carenza di notizie, alza la voce e si inventa narratore di storie del presente e del passato che mirano a manipolare chi le ascolta, più che a renderlo consapevole, oppure silenziare la caciara mediatico/politico/vacanziera e approfittare dell’aumento di tempo libero per immergersi in letture di qualità.

Chi è propenso a scegliere questa seconda opzione, o almeno a sperimentarla, domani troverà in edicola con “La Provincia” un numero speciale del nostro supplemento culturale della domenica, “L’Ordine”, che fa al caso suo. Tutto di racconti, più o meno legati, per fili ideali, a temi forti di questa estate. Anche noi abbiamo messo un vip in copertina in tenuta da mare: Pablo Picasso, disegnato per “L’Ordine” da un bravissimo pittore, Velasco Vitali. Si intitola “Picasso in pensione”... e che cosa fa il grande artista senza tavolozze e pennelli? Legge!

Voltata la copertina, troverete due pagine dedicate alle “fake news” e ai meccanismi perversi che le generano. Il tutto in salsa ottocentesca, perché il problema già esisteva due secoli fa e vi incappano due sposini brianzoli sul Lario, protagonisti del racconto di un grande dimenticato, il manzoniano (per stile e valori) Emilio De Marchi, che ci è sembrato giusto ripescare dall’oblio.

Nell’estate dei mondiali, in cui l’Italia esclusa ha focalizzato la sua attenzione verbale e mediatica sull’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus, riportiamo al centro (letteralmente, nel numero de “L’Ordine”) proprio il significato sociale del gioco del calcio e le infinite narrazioni di cui può essere ispiratore: due scrittori contemporaneissimi, Alberto Garlini e Flavio Santi (entrambi con gli ultimi romanzi editi da Mondadori), rievocano rispettivamente la partita “da film” che la troupe di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, guidata dallo stesso Pasolini, giocò nel ’75 contro quella di “Novecento” di Bertolucci (che però la guardò dagli spalti), e “La partita del secolo”, quell’Italia-Germania 4-3 di Messico ’70, che finisce per dividere per sempre i due personaggi del racconto.

Un altro scrittore tra i migliori in circolazione, Stefano Valenti, cui va il merito di aver riportato in auge il romanzo sociale (con “La fabbrica del panico” vinse in Campiello nel 2013), è andata per noi, e per voi, in mezzo a quell’umanità di cui si sente tanto parlare tutti i giorni in tv e sui giornali, ma che molto raramente ha voce: gli ultimi, stranieri e non, profughi dell’Afghanistan piuttosto che della società dei consumi,il cui tetto è il calvacavia della Tangenziale est di Milano. Scavando tra volti e storie, ha trovato un suo conterraneo, valtellinese, e ha riscoperto la paura di poter finire tra quelli “buttati via” da chi, se non ha il potere, di sicuro almeno ha il frigorifero pieno.

Chiudiamo il numero con il racconto di uno degli autori italiani più venduti, e anche più legati alle terre (e alle acque) prealpine, Andrea Vitali. Non tutti sanno, o ricordano, che in gioventù aveva pubblicato una serie di racconti proprio su “L’Ordine”. Ne abbiamo ripescato uno dal sapore particolarmente eterno. Meglio leggerlo, se vi capita, durante un viaggio in treno, per andare anche voi, come il protagonista, alla ricerca del tempo e, soprattutto, dell’io perduti, tra i binari di una stazione. Buona lettura e buone vacanze (per chi le fa)!

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