La pazienza dei comaschi è finita:
"Meno bus e rincari inaccettabili"

La protesta dei pendolari dopo i tagli alle corse. I più arrabbiati sono gli studenti. Il dissenso a Como è netto è viene espresso a chiare lettere: così non va

COMO E il popolo disse: «No, io non ci sto». I comaschi sono da sempre gente schiva e riservata e anche le reazioni agli aumenti del 10% del prezzo di biglietti e abbonamenti degli autobus dal primo febbraio e agli annunciati tagli di due linee e 77 corse urbane e di 93 corse extraurbane non provoca plateali manifestazioni di protesta, ma il dissenso è comunque netto e, seppur in forma singola (quasi privata) e non organizzata, viene espresso a chiare lettere. In città le criticità maggiori riguardano la linea 8 Como-Casnate (le cui corse giornaliere scendono da 85 a 65, con un frequenza che passa da 15 a 30 minuti), la soppressione della linea 9 Como-Cimitero Monumentale (assorbita dalla linea 4, con corse però ridotte da 30 a 20) e la soppressione della linea 10 Albate-Navedano (con cancellazione di tutte e 30 le corse, sostituita dal C50 da Navedano con quattro corse giornaliere e dai Portici Plinio con sei corse). Rincari e sforbiciate delle corse, frutto dei tagli al servizio pubblico locale decisi da Roma (per la sola provincia di Como 1,8 milioni di euro), vengono bocciati in toto e la silente protesta si accompagna alla richiesta di autobus meno affollati nelle ore di punta, quando alcuni mezzi sono così colmi di uomini, signore e ragazzi con gli zaini di scuola da tirare dritto alla fermata e non raccogliere più passeggeri. «Ho saputo che la frequenza della corsa C50 nei giorni festivi la mattina verrà portata da 20 a 45 minuti. Non è giusto - attacca Rosa Marina Lupino - ora se si perde l'autobus si attende un quarto d'ora il prossimo, con il nuovo orario l'attesa passa a 40 minuti ed è troppo. Senza contare che già adesso molte volte la mattina nei giorni feriali alle 7.30 gli autobus che transitano da Albate verso Como sono così pieni che non si fermano neppure e capita di doverne aspettare anche quattro prima di riuscire a salire a bordo». Si lamenta del sovraffollamento anche Luca Salvadé di Bizzarone: «Prendo il C74 da Como verso Valmorea tutti i giorni alle 14.10, e il lunedì, martedì e mercoledì si è assiepati come sardine. Hanno aggiunto una corsa, ma è troppo poco». I rincari, invece, pesano soprattutto sul bilancio degli studenti, come le quindicenni Marta Ghelfi e Tatiana Ortelli, iscritte al corso alberghiero del Centro di formazione professionale: «Dobbiamo prendere il C29 da Como verso Moltrasio per tornare a casa e il biglietto che prima costava 1,70 euro ora ce lo fanno 1,85 euro. Bisognerebbe dar vita ad una bella manifestazione di protesta». In attesa che i giovani si muovano e la fantasia vada al potere, c'è chi si preoccupa delle categorie deboli come Gabriella Vimercati: «Per venire a Como al mercato qualche volta prendo il C71 da Maccio in andata e ritorno, altre volte dispongo della macchina e uso quella. Ma le povere donnette che non hanno un mezzo proprio come fanno? Non è giusto aumentare il costo dei biglietti». Più leggiadra, ma non per questo meno combattiva, la posizione della diciasettenne Safia, in attesa alla pensilina dell'autobus del Teatro Sociale del 7 che la riporti a Lora al termine della lezione di danza: «Adesso il costo del biglietto urbano è salito a 1,25 euro. Non si capisce perché a Milano la metropolitana costi solo 1 euro e perché, sempre a Milano, vi sia il biglietto a 3 euro e mezzo con il quale si circola tutto il giorno». E a maggio non è ancora escluso del tutto un ulteriore aggravio del 10% del prezzo dei biglietti.
Luca Marchiò

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