Palasport, i dubbi
di Pierlo Marzorati

Il presidente regionale del Coni: non c'entriamo con i ritardi accumulati a Roma. Questo progetto rischia di diventare una cattedrale nel deserto

CANTÙ «Il Coni non ha fermato un bel niente. Se il progetto palasport è rimasto bloccato a Roma non è per colpa del Coni ma perché venivano presentati documenti incompleti. E sul progetto mi faccio un sacco di domande». Pierluigi Marzorati, presidente regionale del Coni, interviene così a tre giorni dalla posa della prima pietra del nuovo palazzetto. Una risposta al sindaco Tiziana Sala e all'assessore ai lavori pubblici Umberto Cappelletti, che venerdì avevano fatto precisi riferimenti ai ritardi accumulati dal progetto al Coni a Roma e a qualcuno che aveva messo i bastoni fra le ruote.

Marzorati, le sono fischiate le orecchie? «No, io ho la coscienza pulita. La questione non è nemmeno di mia competenza, io sono a Milano. Sulla questione palasport io sono intervenuto solo perché era sorto un problema con le autorizzazioni dei vigili del fuoco e in dieci giorni è stato sistemato. Per il resto, non sono stato mai interpellato».

Secondo l'ingegner Marzorati l'operazione Turra-palasport presenta forti elementi di rischio. «Mi faccio delle domande, da ingegnere e uomo di sport. Non mi spiego, ad esempio, perché mai una struttura destinata a vivere solo con la pallacanestro, non abbia fin dall'inizio stipulato una convenzione con la Pallacanestro Cantù, nell'interesse reciproco. In questi tempi c'è chi è disposto a pagare pur di avere una squadra nel suo impianto. Desio, ad esempio, ma anche Monza. Qual è il rischio? Che se le condizioni del nuovo palasport non dovessero soddisfare la pallacanestro, non ci metterebbe molto ad andare a Desio o a Monza. E il palazzetto di Cantù sarebbe una cattedrale nel deserto».

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