Landriscina e la politica
di cui c’è bisogno

Guarda te: quando servirebbe un po’ di politica mai che la si trovi. Sì, la politica quella che Winston Churchill, uno che ci bazzicava, definì sangue e altro materiale organico. Lo sapeva lui quanto può essere spietata la politica: aveva appena fatto vincere la guerra all’Inghilterra e si ritrovò con le terga al suolo: la poltrona, per via elettorale, gliel’aveva portata via quel laburista di Clem Atlee che Winni aveva spernacchiato per anni. Altro che bella politica, quella lasciala raccontare a Veltroni, che poi ti raccomando che tipo salta fuori dietro quella perenne aria da studente fuori corso sperduto per il campus. Solo uno più spietato di lui, il suo amico Massimo D’Alema, gli ha fatto mangiare cucchiaiate di polvere.

Insomma la politica per essere efficace deve farsi cattiva così come la medicina amara. Altrimenti gli obiettivi diventano come i bersagli delle freccette scagliati dagli ubriachi nei pub. E qui il volo planare da cui si è partiti picchia in direzione di palazzo Cernezzi. Il sindaco di Como, Mario Landriscina, di fronte a un platea di amministratori ha eseguito l’ennesimo numero del primo cittadino con le unghie tagliate dai funzionari. Lo aveva già fatto a proposito dei cimiteri-vergogna, ha concesso un poco applaudito e per nulla richiesto bis nel tentativo di giustificare come in un anno e mezzo manco si è riusciti a tracciare un cerchio: quello della rotonda di piazza San Rocco, impegno assunto subito dopo la presa del palazzo di via Vittorio Emanuele. Eh sì, sono questi funzionari cattivi che non ci fanno fare le cose, ha piagnucolato Landriscina. Noi gli abbiamo pure dato l’indirizzo politico ma loro non lo seguono, ha concluso triste e cupo come una fila alle Poste.

Fosse per colpa del navigatore che non seguono l’indirizzo? Perché in questo caso il marchingegno da azionare per giungere a destinazione è la politica con tutta la sua suadente spietatezza. Però la politica, proprio come tale, è inesorabile. Appena qualcuno non all’altezza si presenta a centrocampo, saluta e chi si è visto si è visto.

Il problema è che quando non si riesce a cavalcare la tigre si tenta di abbatterla. E allora la politica diventa solo schifezza, roba da evitare come la rogna, le cavallette, gli acari e i nemici dell’igiene e i programmi dell’accesso. E ci si getta nelle rassicuranti braccia della società civile. La genesi di Landriscina sta anche qui. Perché nel centrodestra lariano, dopo un tot di tsunami di politici, con il pedigree adatto e le spalle robuste per palazzo Cernezzi ce n’era forse uno solo. Purtroppo non trattasi di uomo facilissimo, con un carattere più incline a raccogliere rancori che non pacche sulle spalle.

Perciò una candidatura come quella del numero uno del 118 è apparsa una manna dal cielo agli azzurri comaschi. E poi che diamine, visto il suo curriculum, un po’ di mani nel guano della politica, ma giusto quel ciccinino da non comprometterlo, deve pure averlo messo. E poi uno con quella storia professionale, quantomeno un po’ di decisionismo dovrebbe averlo metabolizzato. Quasi quasi qualcuno già lo immaginava sorvolare la Città Murata in elicottero suonando la Cavalcata delle valchirie come Robert Duvall in “Apocalypse Now”.

Invece eccolo qui a schiumare impotenza di fronte a un burocrate qualsiasi. Troppo improbabile per essere vero. Certo, a palazzo Cernezzi, in particolare nel settore viabilità le cape toste non difettano. Ma pensiamo all’epoca di Antonio Spallino quando nell’ufficio tecnico giravano personalità di spessore come Veronelli, Martinelli, Cinquesanti, tanto per fare qualche nome. Eppure la volontà del sindaco era legge, per il suo carisma, la sua competenza, la sua preparazione. La sua capacità politica, insomma, che gli consentì per anni di tener testa anche al suo partito, la Dc. Insomma Landriscina prenda in mano le leve del palazzo, magari affidandosi a un capo di Gabinetto come il rag. Tagliaferri di Spallino, che aveva nel Dna qualche cosa di Richelieu.

Altrimenti il rischio è che l’Apocalypse precipiti presto su Como.

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