Lucini sì,Lucini no
Como terra dei cachi

“Lucini sì, Lucini no, la terra dei cachi”. Si potrebbe anche raccontare così, con la perifrasi di una canzone lanciata da Elio e le Storie Tese in un Sanremo di qualche anno fa, lo stato dell’arte del centrosinistra comasco e della città capoluogo, dopo che l’amministrazione sembra essersi avviata su un piano inclinato costellato di topiche, ultima quella del rogo nella Santarella trascurata.

E allora la ricandidatura dell’attuale sindaco che sembrava dipendere solo da una sua amletica decisione, ora è legata a tanti fattori. La svolta, dopo il mezzo suicidio della maggioranza sulla vendita/svendita di una parte della quota comunale di Acsm-Agam, è arrivata con l’entrata a piedi uniti di Chiara Braga, parlamentare e dirigente più autorevole del partito comasco se non altro perché ha molte più probabilità degli altri di andarsi a prendere un caffè con Matteo Renzi.

Le parole della deputata sono state benzina sul fuoco di un partito non del tutto convinto che il Lucini bis sia la miglior panacea elettorale. E qualche dubbio in tal senso potrebbe essersi insinuato anche nei pensieri del segretario provinciale, Angelo Orsenigo, che intanto, ha imposto alla maggioranza di palazzo Cernezzi una spinosa verifica politica. Sì, perché adesso si tratta di capire non solo come arrivare al 2017 con soluzioni condivise su tematiche come il lungolago e la stessa Acsm-Agam. Ma anche se è ci sono le condizioni per giungere al traguardo. Da Paco-Sel, alleato in fase di smarcamento, pare non giungano segnali confortanti.

L’eventuale happy ending di questa storia, per il centrosinistra, potrebbe essere, una volta lasciate alle spalle le forche caudine della verifica, un Lucini che accetta il bis ma deve sottoporsi al vaglio delle primarie. Un’idea che però non trova del tutto d’accordo chi, sull’attuale sindaco si è sporto troppo in avanti a colpi di 8 in pagella. Altri scenari, che scatterebbero solo in caso di una crisi di giunta o di un diniego del primo cittadino, passano per il soliti nomi di Daniela Gerosa che però sconterebbe la gestione dell’assessorato più impopolare di tutti, quello ai Lavori pubblici, o di Lorenzo Spallino che, da un po’ di tempo sembra ballare da solo. Anche se smentirà la sua volontà di correre da sindaco ancor prima che questo periodo sia giunto al punto. Insomma, la partita nel centrosinistra si è riaperta. Molto dipenderà anche dall’esito delle elezioni del mese prossimo a Olgiate e dalla tenuta del Pd nei test delle grandi città. Fluido appare anche il cammino del centrodestra con Mario Landriscina che ancora non avrebbe pronunciato il definitivo sì. L’alternativa andrebbe cercata sfogliando l’alfabeto senza andare troppo lontano. Intanto Como resta in attesa di qualcuno con un’idea vincente di città. Per non diventare sul serio quella terra dei cachi che altrimenti sarebbero tutti di chi? Al lettore il compito di chiudere la battuta.

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