Omuncoli in politica
specchio di un paese
Omuncoli politici
specchio del paese

Gli uomini non valgono granché. Hanno paura di tutto. Ma, più di tutto, hanno paura della morte. Bevono, ballano, amano, parlano, però sono pronti a camminare sulle mani, a rotolarsi sul ventre davanti a quei giocattoli che si regalano ai bambini: frecce, coltelli, pistole. E, una volta diventati adulti, a tutti gli altri simboli della nostra ridicola volontà di potenza: soldi, fama, licenza, lussuria.

In fondo, aveva ragione quel genio di Isaac Singer quando scriveva che il buon Dio ha regalato agli uomini egoismo in abbondanza e il precario uso della ragione, oltre all’illusione di spazio e di tempo, ma nessun senso di finalità e di giustizia - l’esatto contrario della sua sapienza, della sua bontà, della sua magnificenza - e che proprio per questo li ha condannati a strisciare sulla superficie della terra, avanti e indietro, fino a quando il patto siglato con lui non sarà esaurito e il loro nome spazzato via dal libro della vita.

E non è così, forse? Guardatele bene, le mille anime morte del nostro Palazzo in questi umidi giorni di guano, i loro giochetti da mandarini consunti dell’apparato, le loro penose esibizioni in altrettanto penosi talk show politici inzaccherati da altrettanto penosi giornalisti di regime (ognuno ha il suo) dove tutti recitano la propria parte in commedia già prestabilita a prescindere dalla realtà effettuale e da ogni minima coerenza logica e intellettuale. Ma no, inutile guardarli: si sa già cosa diranno. Tutti.

C’è ancora qualcuno che creda per davvero che i parlamentari del Pdl siano sinceramente indignati per l’uso politico della giustizia e si struggano e si arrovellino e si macerino per l’impossibilità di praticare in Italia una vera e sana e thatcheriana rivoluzione liberale e liberista e libertaria che svincoli il nostro paese dalla cappa di tasse e Stato e burocrati occhiuti, dando invece linfa vitale a imprenditori e artigiani capaci di scommettere sul rischio d’intrapresa e bla bla bla? C’è qualcuno ancora così ingenuo? Ma avete visto che facce? Ma chi gli crede, ormai? E, al contempo, c’è forse qualcuno che in verità in verità si dica che Letta sia un giovane riformista tenace e capace e il suo partito il vero alfiere della socialdemocrazia liberale 2.0 che non vuole l’azzeramento fisico di Berlusconi perché il Pd sarebbe in grado di arrivare secondo alle elezioni anche se corresse da solo, quanto invece ripristinare le sane regole del diritto? C’è qualcuno che ancora non si sia accorto che stiamo parlando di un relitto carico di funzionari e impiegati che galleggia ancora (chissà per quanto?) sull’onda lunga delle coop e di Berlinguer e al quale non interessa niente di niente del bene comune quanto invece mantenere mani e piedi dentro l’unica prospettiva di sopravvivenza in attesa della pensione?

L’Italia non c’entra nulla con questa partita, che ha finalità del tutto diverse. E dove il livello è assolutamente adeguato a quello che siamo noi, da un punto di vista politico ed etico-morale: un paese di poveracci. Se questi sono i nostri rappresentanti, sarebbe forse ora di iniziare a chiedersi perché lo sono diventati e ricordarci che ce li siamo scelti e quindi non è tanto il caso di infervorarsi al bar davanti a un bianco sporco, anche perché l’alibi che “gli altri sono peggio” è una roba che fa ridere. Il ragionamento, come sempre a questo punto, non è più tanto politico quanto antropologico. È evidente che la pulsione della nostra politica – o anche della nostra esistenza? - resta sempre quella del galleggiare e che quindi, in barba ai petardi e alle grancasse della propaganda, il ventre molle del Parlamento si stia già muovendo per stampellare il governo, in qualsiasi nuova forma, e permettergli così di continuare a fare quello che ha fatto in questi mesi. Cioè, niente. Da una parte, le salmerie di Berlusconi pronte alla parodia del colpo di Stato che, fossero ancora vivi, inspirerebbe di certo un capolavoro a Tognazzi e Monicelli. Dall’altra, la fanghiglia di chi comunque si attacca alla poltrona, perché se la perde poi magari gli tocca pure lavorare. In mezzo, i centristi che a loro va sempre tutto bene a prescindere e i talebani di Grillo che qui è tutto uno schifo perché solo noi abbiamo la verità in tasca. Bella prospettiva, che il governo cada oppure no.

Succederanno cose inenarrabili, in queste ore. E già stanno succedendo, al di là delle dimissioni dei ministri. Arriveranno le notti del tradimento, da una parte e dall’altra, perché il tradimento non dorme mai. Può nascondersi sotto la sella su cui si è posata la testa pesante di sonno. Tutti possono tradire. Solo i morti non tradiscono. Personaggi sbucati fuori da un volume di Lombroso pronti a vendersi per un piatto di lenticchie. Sopracciò con il gessato che loro sì che si sentono responsabili di fronte alla nazione. Statisti di Aci Trezza che scrutano il mare per ispirarsi alla metafora della Provvidenza di padron ‘Ntoni. Senatori a vita rappattumati in fretta e furia per fare da anime pie al capezzale della madre patria nel caos. Vecchi barbagianni così da sempre in pista che come si fa a rifiutargli il titolo di riserva della Repubblica e tutto il resto di quella penosa commedia umana che ci sorbiamo da vent’anni. O forse anche dal dopoguerra, che però almeno ha dovuto affrontare la ricostruzione e il terrorismo, due vere tragedie, e non buffonate da avanspettacolo come le ragazzotte di Berlusconi o le battute giovaniliste di Renzi a Mtv.

Ma come abbiamo potuto permettere che le cose degradassero fino a questo punto? Come abbiamo fatto a non capire, a distrarci, a dimenticare che nel momento in cui molli il primo tratto di corda, poi il resto ti scivola via tutto dalle mani? Forse ci faceva comodo delegare a quelli lì, che noi avevamo ben altro a cui pensare? O forse lo abbiamo fatto perché, sotto sotto, siamo proprio come loro? E allora, di fronte a questo schifo, cerchiamo di avere la forza di essere diversi. Solo questo, ma almeno questo: diciamo ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

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