Case di riposo più care: solo il 20% dei pensionati può permettersi la retta

Rsa Un comasco su cinque può permettersi di passare gli ultimi anni in una casa di riposo. Le rette per il soggiorno nelle residenze per anziane partono da 71 euro giornalieri: di base si arriva a pagare circa 2.200 euro al mese

Nemmeno un pensionato comasco su cinque può permettersi una Rsa.

Oggi le rette giornaliere delle residenze per anziani in città partono da un minimo di 71 euro, chieste dalle Giuseppine, seguite dai 72 euro alla Ca’ d’Industria e dai 73 euro alle Marcelline. Vuol dire pagare circa 2.200 euro al mese di base, quindi circa 27mila euro all’anno. Ma nemmeno il 20% dei pensionati comaschi ha una pensione sopra i 2mila euro, uno su tre ha un mensile tra i mille e i duemila euro e poco meno della metà vive con cifre inferiori.

«Le Rsa sono ormai un servizio per le famiglie più fortunate – dice Emilio Didoné, a lungo a capo dei pensionati lombardi della Cisl – gli anziani hanno pensioni ormai insufficienti a coprire i costi. Mentre i figli hanno contratti di lavoro spesso precari, fanno fatica a integrare le rette dei genitori. Oggi parliamo di pensioni medie che si aggirano intorno ai 1400 euro».

Gli aumenti

Se si vanno a vedere i prezzi delle rette delle Rsa di dieci anni fa gli aumenti rispetto a oggi sono stati in media pari al 30%, con punte vicine al 50%. Sempre guardando alle tariffe minime, perché per una camera in città ora un anziano può arrivare a spendere anche 122 euro a notte. E poi ci sono i servizi aggiuntivi - poche spese non comprese nell’offerta- e le cauzioni, qualche migliaio di euro chiesti all’ingresso. Strette dal caro energia, molte Rsa quest’anno hanno ritoccato le tariffe, per esempio il don Guanella.

«Del resto i costi di gestione, già alti, sono cresciuti molto di recente – dice Marisa Bianchi, direttore generale della Ca’ d’Industria – Il tema della sostenibilità del nostro settore esiste, è un fatto. Ma è un problema che io credo debba porsi il legislatore. Noi dobbiamo cercare di offrire il miglior servizio al minor costo possibile».

I contributi offerti dai Comuni agli anziani esistono e sono d’aiuto, ma i requisiti sono piuttosto ristretti, non bisogna ad esempio essere proprietari di casa. La Regione già sostiene le Rsa finanziando poco meno della metà delle tariffe giornaliere. In solvenza gli anziani dovrebbero pagare di tasca propria quasi il doppio.

«L’alternativa è tenere a casa il genitore anziano e malato, ma non è sempre semplice o peggio possibile – ragiona Marilisa Parravicini, membro dell’associazione Felicita, una realtà che si batte per i diritti degli ospiti delle Rsa – Si arriva ad aver bisogno anche di tre diverse badanti per farsi aiutare giorno e notte. È un impegno economico importante, oltre che di tempo ed energia. Servirebbero più interventi e più servizi di assistenza domiciliare integrata». I contratti di colf e badanti, a carico delle famiglie, sono stati rivisti dal 2023 al rialzo.

«Nessun lucro»

«È vero che quest’anno sono aumentate le tariffe in molte Rsa - spiega Mario Sesana, presidente provinciale di Uneba, l’ente che rappresenta la maggioranza delle Rsa del territorio – ma è quasi ovunque una questione di sopravvivenza, non di lucro. Il caro energia, l’inflazione, i buchi lasciati dal periodo Covid, l’aumento dei costi del personale sempre più introvabile. Le residenze hanno dovuto far fronte a tutti questi problemi, con i contributi regionali aumentati solo in maniera risibile. Le nostre strutture si sono accollate il peso di circa la metà di tutti i rincari, lasciando purtroppo alle famiglie il resto. Capiamo la fatica dei figli che devono intervenire in aiuto dei parenti, infatti incontriamo sempre più spesso difficoltà a incassare le rette».

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