“Frontalieri come ratti”
Biglietto carico d’odio
sull’auto di una comasca

Il messaggio richiama

la campagna

promossa dall’Udc

contro i lavoratori italiani

Ci risiamo. È una frontaliera comasca a segnalare al nostro giornale e via social l’ennesimo biglietto provocatorio indirizzato ai nostri lavoratori impiegati nel Cantone di confine.

Il biglietto è stato trovato mercoledì sul parabrezza della propria vettura parcheggiata a Mulino Nuovo, storico quartiere di Lugano. Il messaggio - “luridi ratti frontalieri” - si commenta da solo ed è servito solo a tornare ad alimentare reciproca diffidenza che i social, inevitabilmente, hanno elevato al quadrato nel giro di poche ore.

Non è la prima volta purtroppo che accade ed il comun denominatore è sempre rappresentato dall’infausta campagna “Bala i Ratt” varata dall’Udc a fine 2010 in cui tre topi - uno dei quali indossava una canotta italiana - azzannavano il formaggio svizzero.

La lavoratrice frontaliera comasca fa sapere al nostro giornale che “non è la prima volta che trovo un biglietto con insulti rivolti ai lavoratori italiani».

«Due mesi fa - aggiunge - ne ho trovato un altro a Besso vicino alla stazione in cui c’era un riferimento ancora più esplicito al fatto di dover varcare il confine e tornare a casa. Tutto ciò va censurato in modo convinto, senza prestare il fianco a nuovi insulti di questo genere».

Via social - attraverso il gruppo “I Frontalieri di Gandria”, sempre molto attivo - la donna ha poi scritto una frase a tema sull’argomento, ricordando che «la vostra economia (dove vostra sta per economia ticinese) viene mantenuta proprio grazie all’impegno dei lavoratori frontalieri».

Da qui hanno poi preso corpo numerosi commenti a tema, improntati tutti evidentemente alla condanna del gesto. C’è chi ha scritto: «È capitato anche a me, vergogna senza fine» e chi ha invitato «ad andare oltre, non curandosi di non insulto gratuito, nato da un gesto isolato di uno sconsiderato».

Al di là della legittima indignazione, è bene ricordare che i frontalieri rappresentano la forza trainante dell’economia ticinese ed al netto delle letture date ai numeri diffusi a fine marzo da Berna, il dato reale è che sin qui i frontalieri in Ticino hanno retto l’urto della pandemia. Certo, in buona parte è merito anche delle misure messe in campo dalla Confederazione, su tutte quella dell’orario ridotto, che ha salvato migliaia di posti di lavoro, ma nella rimanente parte il merito è tutto dei nostri lavoratori, che hanno saputo ritagliarsi spazi importanti nei segmenti strategici dell’economia del nostro Cantone.

Molte di queste tensioni sono frutto anche dell’assenza - o quasi - di dialogo politico tra vicini e anche la recente gestione della pandemia (caso emblematico quello del picco di contagi registrati nella seconda ondata in Ticino e Lombardia) lo ha dimostrato. C’è poi tutto il tema che riguarda le frontiere, con la Svizzera prima che ha chiuso i valichi minori senza che l’Italia venisse informata e, negli ultimi mesi, con l’Italia che ha introdotto il tampone negativo in ingresso (e da fine maggio anche un modulo on line da compilare) facendo storcere il naso alla Svizzera e lasciando in una sorta di limbo le zone di confine. Col dialogo continuo e costruttivo anche queste tensioni si potrebbero superare.M. Pal.

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