I medici no vax tornano in corsia. L’ira dei colleghi: «Decisione inaccettabile»

La polemica Il primario: «Avrei seri dubbi a farmi curare da un professionista contrario ai vaccini». E il dottor Moltrasio, finito sulla sedia a rotelle dopo essere stato colpito dalla prima ondata di Covid, dice: «Magari l’avessi potuto fare il vaccino nel 2020»

Nel Comasco tornano in servizio 150 sanitari non vaccinati. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Salute Orazio Schillaci hanno anticipato la fine dell’obbligo vaccinale per i sanitari a oggi «alla luce dello scenario epidemiologico mutato e per far fronte alla carenza di medici». Una scelta che ha sollevato un dibattito anche a livello locale. Confermato invece l’uso delle mascherine negli ospedali e nelle Rsa. Nella nostra provincia, stando agli ultimi dati riferiti dagli Ordini professionali, i sanitari sospesi perché non vaccinati sono stati 150. Si tratta soprattutto di infermieri, oltre 50, seguono una ventina di psicologi e altrettanti tecnici, 13 farmacisti, mentre i medici richiamati sono stati 45. Tra loro l’Ats ha rilevato un caso tra i medici di medicina generale, pochi invece gli specialisti degli ospedali fermati, 14 nell’Asst Lariana, quattro al Valduce come in Villa Aprica. Detto che per tornare al lavoro era sufficiente fare il vaccino.

Le reazioni

Su questa misura si sono levate diverse voci critiche, anche a Como. «Credo non sia eticamente accettabile – commenta Daniele Merazzi, primario del dipartimento Materno infantile del Valduce – Avrei qualche dubbio a farmi curare da un medico no vax. Peraltro questi sanitari scegliendo di non farsi vaccinare hanno messo in difficoltà i colleghi durante la pandemia. Io no, da medico non sono d’accordo, ma da cittadino prendo atto che l’orientamento politico del Paese è questo». Sul punto anche il direttore sanitario del Valduce Riccardo Bertoletto ha evidenziato dei dubbi.

Nel Comasco c’è chi il vaccino non ha potuto farlo, quando ancora non era stato sperimentato e porta ancora addosso i segni del virus. «Certo io il vaccino l’avrei fatto volentieri – racconta Gabriele Moltrasio, medico di Cernobbio rimasto per colpa dell’infezione sulla sedia a rotelle – e comunque oggi starei bene attento a reintegrare i medici non vaccinati, soprattutto se lavorano a stretto contatto con pazienti fragili. Un oncologo, un chirurgo, chi lavora con i trapianti o nelle rianimazioni non può essere portatore del virus. Perché mette in pericolo la salute dei pazienti. Oggi molti sostengono che il Covid è diventato soltanto un’influenza. Va bene, infatti imporrei ai medici in forze ai reparti più critici di fare anche la vaccinazione antinfluenzale».

Certo, l’obbligo vaccinale per i sanitari sarebbe comunque scaduto a fine anno. Infatti secondo Fabrizio Pregliasco, noto virologo lombardo, il reintegro dei medici non vaccinati era comunque previsto «ma farei fare loro un corso tipo quelli che si fanno quando perdi la patente, sull’immunologia e la vaccinazione così da scoprire le indicazioni della scienza». Più critici e netti i sindacati dei medici. «Siamo usciti dall’incubo grazie ai vaccini – dice Paolo Iaria, medico di medicina generale al lavoro in città e segretario della Cisl medici dei Laghi – con la campagna vaccinale abbiamo salvato migliaia di persone che sarebbero altrimenti morte. Il reintegro dei medici no vax è umiliante per chi ha lottato a lungo contro il Covid».

«È una decisione politica che era nei programmi del centrodestra – commenta segretario Snami, il sindacato nazionale autonomo medici – Da medico certo è una scelta che critico e che mi lascia anche qualche preoccupazione».

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