Indagano sulla truffa e trovano l’orco
Sette anni per violenza a una ragazzina

Condannato un uomo di 65 anni che all’epoca dei fatti era compagno della madre - La vicenda emersa da una chat fra una psicologa e la vittima dopo la denuncia di quest’ultima

È una storia davvero pazzesca quella che si è conclusa nelle scorse ore in Tribunale a Como, con la condanna a sette anni per violenza sessuale ai danni di un uomo (65 anni) di cui non facciamo il nome per tutelare la vittima degli abusi.

Una vicenda emersa per caso, quasi senza volere, nell’ambito di una inchiesta di tutt’altro genere che aveva come tema una piccola truffa. Tanto è vero che i fatti per cui si è finiti in aula risalirebbero addirittura al periodo compreso tra il 2010 e il 2012 e non sarebbero mai stati denunciati dalla vittima delle violenze sessuali.

Quest’ultima, infatti, verso la fine del 2019 formalizzò una denuncia-querela contro una counselor psicologa alla quale aveva pagato svariate centinaia di euro per una serie di servizi promessi ma che – a suo dire – non aveva mai ricevuto.

Il pubblico ministero Mariano Fadda, nello studiare il fascicolo, iniziò a “spulciare” tra gli atti di quella vicenda mettendo il naso anche in una chat su whatsapp in cui erano presenti degli audio in cui a parlare erano la vittima e la presunta psicologa.

Tra le due donne – è poi emerso – c’era un rapporto di grande affinità, quasi di amicizia, e proprio grazie a queste confidenze, in un audio, la paziente si confidò raccontando di quegli abusi subiti quanto aveva tra i 12 e i 14 anni, violenze portate avanti da quello che all’epoca era il convivente della madre.

Il pubblico ministero, a questo punto, non ha potuto fare altro che aprire un secondo fascicolo per indagare su questi racconti recepiti per caso ma da cui emergeva uno spaccato agghiacciante.

Altro che truffa da qualche migliaio di euro, qui si parlava di violenze sessuali in danno di una minore con una genuinità nel racconto dettata proprio dal fatto che la vittima nemmeno aveva denunciato gli abusi, ma ne parlava del tutto accidentalmente con una psicologa sui social senza dunque alcun secondo fine. Insomma, il pm ha poi portato avanti il fascicolo arrivando a contestare all’imputato di aver costretto la ragazzina a subire atti sessuali consistiti in carezze e baci nelle parti intime, ma anche oltre, pur senza arrivare a rapporti sessuali completi.

Il tutto, secondo l’accusa, «mediante l’abuso dell’autorità» che era derivante dal fatto di essere all’epoca dei fatti il compagno convivente della madre della bambina, approfittando dunque delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della minore che, come detto, non aveva ancora 14 anni.

Anche se con anni di ritardo rispetto ai fatti, la vicenda è comunque approdata in aula di fronte al Collegio di Como presieduto dal giudice Maria Luisa Lo Gatto con a latere Emanuele Quadraccia e Cristiana Caruso. Una udienza sofferta, che ha portato alla condanna dell’imputato ad una pena di primo grado che è stata quantificata in sette anni di reclusione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA