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Infanzia video-mediata?
Consigli per scongiurarla

Tecnologia. Non si può evitare il contatto tra i bambini e i dispositivi, ma servono delle precauzioni

Con la permeabilità che ormai da decenni la tecnologia ha assunto nelle vite di tutti e gli effetti che ha su ogni fascia d’età, sono molteplici i dubbi riguardo le ripercussioni che un’esposizione eccessiva dei bambini molto piccoli a smartphone, video e tablet potrebbe avere sulla loro crescita. Un tema, questo, sempre più studiato dai centri di ricerca e dalle università negli ultimi anni, per capire come tutelare i giovanissimi. Due studi recentemente pubblicati su “Science e Jama Pediatrics” evidenziano gli effetti di un’infanzia troppo “videomediata”: i bambini rischiano di diventare più distratti, meno empatici e con minori capacità di interloquire, fino a soffrire di disagi di tipo psicologico e disturbi psichiatrici. Il primo studio ha riguardato Sam, un ragazzo australiano di 12 anni al quale, quando era piccolo, è stata montata sulla testa una telecamera che ha registrato dalla sua prospettiva tutto ciò che gli accadeva. Il girato è stato dato a un sistema di machine learning ed è stato dimostrato quanto si impara nei primi mesi di vita, anche solo attraverso l’associazione tra stimoli provenienti da diverse fonti sensoriali. La seconda ricerca, invece, dimostra il peso della cosiddetta tecnoferenza: gli studiosi hanno esaminato un gruppo consistente di bambini australiani da 1 a 3 anni. Lo sviluppo delle loro capacità comunicative si è rivelato inversamente proporzionale alla quantità di tempo passato davanti a video, smartphone o device simili. Entrambi gli studi dimostrano come, durante gli anni dell’infanzia, l’apprendimento avviene prevalentemente in modo associativo. Data questa condizione, quali sono i rischi se questo processo è video-mediato? La prima conseguenza è che lo sviluppo e la rescita delle nuove generazioni saranno caratterizzati - oltre che da povertà linguistica e comunicativa - dal rischio concreto di vivere in una realtà distaccata e apatica. Come possono fare i genitori ad assumere un ruolo guida per i propri figli, promuovendo un utilizzo consapevole della tecnologia, in particolare del web e degli smartphone? Per iniziare, genitori e figli possono definire insieme le regole di utilizzo. È più che fondamentale, soprattutto quando si ha che fare con bambini e preadolescenti, non lasciarli soli. Facendo “digital mentoring”, li si affianca in questa scoperta e li si aiuta ad acquisire autonomia, rispettando naturalmente i loro confini. Non devono mancare dialogo e condivisione dei propri interessi e di ciò che si ama cercare on line: li aiuterà a verbalizzare le proprie esperienze. Diventa significativo individuare delle zone della casa dove non utilizzare i dispositivi, soprattutto nei momenti in cui la famiglia si riunisce a fine giornata, come la cucina e il salotto durante e dopo la cena. Infine, i genitori possono affidarsi a sistemi di parental control monitorando o bloccando l’accesso a determinati siti e pagine da parte dei minori.

Imparare online, nuovi metodi

Se c’è un luogo, oltre alla famiglia,dove imparare come muoversi online è la scuola. Una delle metodologie più innovative previste dal Piano Scuola 4.0 è l’apprendimento cooperativo. Il piano prevede la realizzazione di classi innovative e laboratori per le occupazioni del futuro negli istituti italiani: gli effetti delle metodologie insegnate sono migliorati dalla tecnologia, in quanto è in grado di ridurre i vincoli del tempo e dello spazio. In questo modo consente di lavorare in gruppo anche a persone distanti. Tra le metodologie più efficaci nel coinvolgere gli alunni, vi è sicuramente l’apprendimento cooperativo. Chi lavora in questo modo sviluppa l’interdipendenza positiva, che vincola i singoli al raggiungimento di uno scopo comune, e l’interazione diretta costruttiva. Questa concorre ad accrescere un buon uso delle abilità sociali e comunicative; inoltre, si incentiva la ricerca di strategie di soluzione costruttiva ai problemi. In questo modo il gruppo non sostituisce l’individuo, ma lo spinge a migliorare: il vantaggio è che si ha una ricaduta sulla collettività.

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