Referendum, a Como dice sì il 68%

Anche in provincia maggioranza schiacciante a favore del taglio dei parlamentari. Currò: «Spallata alla vecchia politica» - Braga: «Verso un percorso di riforme» - Butti: «Soddisfatto a metà». SU “LA PROVINCIA” IN EDICOLA IL 22 SETTEMBRE TUTTI I DATI DEL VOTO NEI COMUNI

Referendum, vince il sì: a Como con il 50,01% d’affluenza il 67,66% ha votato per tagliare i parlamentari. Il 30,4% dei comaschi invece si è espresso per il no.

Esulta il M5S, il Pd applaude e chiede riforme, la Lega sorride e pretende elezioni subito. Con un’affluenza alta (a Como un filo meno della media nazionale) e un risultato comunque netto (nel Comasco di pochissimo inferiore a quello italiano) gli elettori hanno confermato la modifica costituzionale già approvata dal Parlamento che riduce da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 i senatori eletti. I primi promotori del taglio sono da sempre i grillini.

«Si poteva evitare»

«Senza trionfalismi noi del M5S avremmo anche risparmiato ai cittadini questo referendum – dice il parlamentare comasco pentastellato Giovanni Currò – perché ha costi elevati, perché è stato richiesto non dagli elettori, ma da un numero ristretto di deputati e perché il 97% dei presenti nella Camera e nel Senato avevano già detto sì. Poi in molti ci hanno provato, hanno detto un mezzo sì, poi un mezzo no, si sono sfilati con ambiguità e hanno fatto un po’ di telefonate in stile anni Ottanta. Invece la volontà della gente è chiara, chiarissima. Abbiamo dato una spallata alla vecchia politica. Ci voleva il M5S per portare a casa questo obiettivo. Dopo anni di totale immobilismo e spolpamento dell’Italia finalmente si vedono i cambiamenti. Non sempre perfetti, ma si vedono. Stiamo invertendo la rotta restituendo il governo di questo Paese ai cittadini».

La posizione del Pd, che si è ufficialmente schierato a favore del sì solo a inizio mese, è più morbida.

«Noi democratici siamo convinti che il risultato, anche a Como – dice la parlamentare comasca del Pd Chiara Braga – rappresenta un primo passo in un percorso di riforme che ora deve procedere in maniera rapida e spedita. Per dare tutte quelle garanzie che legittimamente erano presenti anche nelle motivazioni delle persone che hanno sostenuto il no. Devo comunque ricordare che la quasi totalità dei parlamentari in aula ha votato la riforma. Anche il numero dei votanti è importante, un buon risultato ai tempi del Covid con possibili paure e con alcuni allarmismi puntualmente smentiti. Un buon segnale per la democrazia».

Nell’ampio schieramento del sì c’erano formalmente anche Fratelli d’Italia e la Lega di Matteo Salvini, nonostante molti esponenti di punta come Giancarlo Giorgetti e il presidente lombardo Attilio Fontana si siano pubblicamente schierati per il no.

«Io penso che il risultato del referendum sia ottimo – spiega Alessandra Locatelli, parlamentare e leader leghista a Como – per la democrazia in generale e perché adesso ci aspettiamo che questo governo sempre più delegittimato ci porti al voto subito. La legge elettorale è quasi pronta, il popolo si è espresso chiaramente: vuole meno deputati e senatori. Ridiamogli la parola».

«Serve una riforma»

«Ho votato il taglio del numero di deputati e senatori per tre volte nel corso della mia storia parlamentare – dice Alessio Butti per FdI - perché la destra politica, nella sua evoluzione, ha sempre inteso abbinare la razionalizzazione numerica ad una riforma dello Stato in senso presidenziale. Sono soddisfatto a metà perché questa è la peggiore riforma in quanto non modifica le funzioni delle Camere, non consente ai cittadini di scegliere i parlamentari e il presidente della Repubblica e viene concepita solo come una vendetta dell’antipolitica che si accontenta del concetto di un misero risparmio di un euro all’anno per italiano. Gli sprechi sono altrove».

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