Frontalieri in Ticino. «Numero eccessivo,
danno per i residenti»

Confine Il presidente dell’Udc svizzera Marco Chiesa punta a modificare la gestione dei flussi di lavoratori. «La parità franco/euro è stata un grande favore»

«Nessuno se la prenda a male, ma oggettivamente i frontalieri sono la categoria in assoluto più favorita. Negli ultimi dieci anni - cito questo esempio calzante - con la trasformazione del cambio che ha portato all’attuale parità tra franco e euro, ci troviamo nella condizione che un vostro lavoratore con un stipendio di 4 mila franchi porta a casa 4 mila euro tondi. Dieci anni fa il discorso era ben diverso. Anche per questo ritengo che gli attuali vasi comunicanti tra Svizzera e Italia necessitino di una migliore e più puntuale gestione». Le parole di Marco Chiesa, consigliere agli Stati (la Camera “alta” del Parlamento svizzero) nonché presidente nazionale dell’Udc arrivano all’indomani del boom di frontalieri in Ticino (+1,3% rispetto al trimestre precedente pari a 75795 unità) ed a livello federale (369728, +1,3% su base trimestrale).

Un dato che ha sicuramente riaperto un dibattito politico forte nella vicina Confederazione, a otto mesi dalle elezioni cantonali in Ticino ed a quattordici mesi dalle attese elezioni federali.

«Il nocciolo della questione è che alla fine è il residente ad andarci di mezzo. Forse questo concetto passa poco alle vostre latitudini - la sottolineatura di Marco Chiesa -. Con il cambio “uno a uno” gli stipendi vengono inevitabilmente ritoccati sempre di più verso il basso. Un fenomeno ben visibile già oggi, ricordando che il Ticino rappresenta la “cenerentola” a livello federale in fatto di retribuzioni mensili. Gli altri Cantoni avanzano, mentre noi regrediamo. È chiaro che a fronte di queste dinamiche c’è grande preoccupazione da questa parte del confine. Ed anche il salario minimo sta giovando poco o nulla alla causa. Qualcuno si era illuso che potesse rimettere in asse una situazione di per sé difficile. I fatti stanno dicendo il contrario».

I ristorni

Archiviati i pruriti del passato legati all’infausta campagna - targata Udc - denominata “Balairatt”, il tema del contendere è oggi di natura economica, anche se l’obiettivo dell’Udc non è il blocco dei ristorni, sbandierato dalla Lega dei Ticinesi subito dopo l’annuncio dei 75.795 frontalieri occupati al 30 giugno in Ticino, bensì il riconoscimento di due argomenti chiave, vale a dire la cancellazione della Svizzera dalla black list del ’99 e il via libera all’accesso al mercato italiano degli operatori finanziari della vicina Confederazione.

«Il tema di fondo è che il ceto medio ticinese in questo momento è in forte difficoltà e serve un segnale per invertire la tendenza - la chiosa di Marco Chiesa -. E in questo contesto sarebbe opportuno gestire i flussi. Invece la libera circolazione non lo consente. Gli ultimi dati ci dicono che il numero dei frontalieri è paragonabile ad una valanga a cui non si può mettere un freno. Peraltro attendavamo un segnale dall’Italia circa l’approvazione del nuovo accordo fiscale. Le cose sono andate diversamente da voi. Noi invece abbiamo rispettato i patti, pur non votando personalmente l’accordo fiscale. Con la libera circolazione i frontalieri sono passati da 35 mila a 75 mila, portando in dote una pressione senza eguali sulle infrastrutture e dando corso ad un mercato del lavoro che non stento a definire selvaggio. È bene che una riflessione politica su questi temi venga messa in agenda al più presto».

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