A Como è sparita la politica sana e seria

Ciao politica, mandaci una cartolina. Tempi duri per i retroscenisti. A Como, almeno nell’ambito amministrativo, è scomparsa qualsiasi discussione o dibattito su assetti e tendenze, fatto salvo per lo psicodramma interno a Fratelli d’Italia che vede la contraddizione tra le grandi affermazioni a livello regionale e nazionale e gli errori in serie commessi in sede locale figli, anche dei particolari equilibri interni che sono maturati dentro un partito cresciuto ovunque a dismisura e troppo in fretta. E si sa che in questi casi, tiri su un po’ di tutto senza guardare troppo per il sottile.

Sotto l’altra metà del cielo della partita il Pd non sembra essersi più ripreso dalla sconfitta per la corsa al sindaco del capoluogo, che considerava già in tasca. L’avvento della segreteria di Elly Schlein, in sovrappiù, ha anche stravolto gli assetti lariani con contraccolpi che ancora si devono vedere, ma già si avvertono nella pancia del Dem.

Il sindaco Alessandro Rapinese, privato così di qualsiasi opposizione in grado di mordere (con lodevoli, ma individualissime eccezioni, vedi Vittorio Nessi), può andare avanti tranquillo nel spararla grossa e vedere l’effetto che fa. Tanto non sarà mai toccato da quest’ultimo. Forse per questo l’amministrazione comunale presenta una contraddizione tra dirigismo e lassez faire declinate in salsa cernezziana. Il primo cittadino decide e dispone su tutto, si piazza negli uffici del municipio da cui continua la fuga del personale, dispone regolamenti, restrizioni e controlli tributari. Ma, dove non riesce ad incidere, si fa scivolare tutto alle spalle. La città è bloccata per i cantieri dell’autostrada e dai lavori sul lungolago? Arrangiatevi, è la risposta di Rapinese. Mica si possono non fare questi interventi. A Natale, senza città dei Balocchi, il centro resta vuoto in maniera insolitamente desolata? Colpa della crisi. Io che ci posso fare? Chiosa.

Arriva Pasqua e la crisi sembra alle spalle in maniera eclatante, visto che in centro e sul lungolago non si passa più uno spillo. Ma di fronte ai disagi, la risposta è sempre dello stesso tono: siete dei lamentosi mai contenti, cari comaschi. A Natale piangevate sulle strade vuote, oggi su quelle piene. E lui guarda e passa. Se le cose non vanno è colpa di chi c’era prima. Forse è meglio così che, come nel passato, intestarsi promesse su interventi miracolosi e roboanti piani quinquennali mai attuati. Ma intanto la città resta lì in attesa di capire cosa farà da grande, e con il turismo che da messianica risorsa rischia in breve di trascolorare in un gigantesco problema per i residenti a rischio di un boomerang sul modello Venezia.

Perché al di là dei disagi crescenti di ogni fine settimana c’è da fare i conti su un costo della vita ormai del tutto immerso nella bolla dell’offerta che incontra la generosa domanda di chi arriva da fuori e non bada più di tanto a spese. Per tacere dei prezzi degli immobili trainati da quelli impossibili di Milano e della silente, ma impattante dal punto di vista urbanistico trasformazione di tante abitazioni delle zone più o meno prestigiose della città in casa vacanza.

Una trasformazione che forse è già troppo tardi pensare di cominciare a gestire ora, ma non può essere lasciata, com’è più o meno successo, allo spontaneismo. Non che l’amministrazione comunale sia l’unico attore sulla scena, ma quantomeno, dovrebbe assumere il ruolo di catalizzatore soprattutto dialogante, virtù di cui il sindaco non sembra abbondare, tant’è che forse, ti tanto in tanto, diventa presa della sindrome di accerchiamento che resta sempre un ottimo alibi. Ma per quanto? Certo, ci vorrebbe un po’ di politica di quella sana e seria per tentare di regolare i processi. Ma a Como è sparita e chissà se tornerà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA