Il “Ciapanò” è un gioco di carte che significa “non prendere”: una variante del Tressette in cui lo scopo è fare meno punti possibile, prendendone meno degli avversari.
Questo passatempo sembra essere molto in voga tra i politici comaschi, che affinano,si fa per dire, le strategie in vista delle elezioni del sindaco nel 2027.
L’obiettivo dichiarato è scalzare l’attuale primo cittadino, Alessandro Rapinese, iracondo e sprezzante, secondo i suoi detrattori, che di certo andrà a caccia del bis.
Ma, a oggi, nessuno dei due schieramenti di opposizione alla lista civica del sindaco ha ancora uno straccio di candidato.
Cominciamo dal centrosinistra, che si liquida in fretta: dopo aver sperato, tre anni fa, nel successo di Barbara Minghetti, è tornato all’anno zero. Nessun nome all’orizzonte, dopo che quello che poteva esserci, non condiviso da tutti, come è tradizione della casa, si è subito sfilato: forse la speranza, anch’essa non unanime risiede nel movimento che si oppone alla chiusura delle scuole decisa dal sindaco.
Magmatica, invece, la situazione del centrodestra, dove sembra che nessun partito o esponente con lo physique du rôle adeguato voglia, o possa, ambire a occupare la poltrona più importante di Palazzo Cernezzi.
I due nomi più autorevoli circolati nei mesi scorsi: Sergio Gaddi (Forza Italia) e Alessandro Fermi (Lega), restano fermi ai box.
Il primo, consigliere regionale, per sua stessa volontà: prima di fare il sindaco di Como, vorrebbe fare altre esperienze politiche e maturare ancora un po’. Il suo modello sembra essere Felice Bernasconi, ultimo sindaco comasco della Dc, entrato in municipio dalla porta principale dopo una lunga esperienza in Regione, nello stesso ruolo oggi ricoperto da Gaddi.
Alessandro Fermi, che in Lombardia è assessore, un pensierino al palazzo di via Nazario Sauro e via Vittorio Emanuele a Como l’avrebbe anche fatto. Ma il suo partito, la Lega, non sarebbe interessato a governare Como a scapito di Cantù.
Nel secondo centro della provincia, infatti, il Carroccio ha un radicamento forte, oggi minacciato dalle mire di Fratelli d’Italia, partito ancora in crescita, incarnato dal suo dominus, Alessio Butti, sottosegretario del governo Meloni.
Quest’ultimo, oltretutto, forse non sarebbe entusiasta se la più importante carica istituzionale di un capoluogo ad alta visibilità fosse occupata da un esponente di prestigio, magari anche in grado, più o meno volontariamente, di fargli un po’ d’ombra. E poi c’è pure una faccenda di rapporti personali tutt’altro che idilliaci.
Tutto questo sembra aver mandato in panne il motore delle manovre nel centrodestra. Va detto che l’ultima vittoria della coalizione, di gran lunga maggioritaria a Como, risale al 2017: allora la scelta del candidato, il medico Mario Landriscina, “padre” del 118 locale, era arrivata con largo anticipo sul voto, pur senza essere annunciata.
In questo modo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia (ordinati in base ai consensi di allora) riuscirono a superare un avversario non facile come Maurizio Traglio, candidato del centrosinistra al governo di Palazzo Cernezzi.
Insomma, se è vero che chi primo arriva poi ben alloggia nelle stanze del Comune, Alessandro Rapinese è già in vantaggio su tutti. Al sindaco in carica si possono muovere molti rilievi, ma non certo quello di essere un appassionato del “Ciapanò”.
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