Caos Trenord
La colpa è nostra

Buone notizie per i pendolari di Como e non solo. Finalmente è stato individuato il responsabile dei ritardi, delle soppressioni, dei disservizi, di tutto quanto ogni giorno vivono sulla loro pelle gli utenti delle ferrovie lombarde.

E un j’accuse, questo, cari lettori: i colpevoli siamo noi. È il vostro quotidiano fedifrago, fellone e traditor la causa di tutto. Chi lo dice? Il sito di Trenord, nientepopodimenoche. Il quale, dopo la pubblicazione della notizia sui mancati potenziamenti dei convogli annunciati per il primo weekend della Città dei Balocchi ci definisce in sostanza inaffidabili. Il bello è che la notizia è vera, tant’è che i padroni delle ferrovie non ci pensano proprio a smentirla. E allora? Allora cari pendolari, prendetevela con noi. Venite a contestarci, bruciate la sede da La Provincia. E vedrete che il giorno dopo tutti i treni partiranno in orario e giungeranno a destinazione spaccando in quattro il secondo, manco fossimo ai tempi della buonanima. “Che non tornano eh, ah non tornano”, come diceva Totò ad Aldo Fabrizi ne “I tartassati” bell’esempio di commedia all’italiana. Ci staremmo bene queste vicende, nell’ambito della commedia se non ci foste di mezzo voi, lettori e pendolari, sottoposti quasi ogni giorno ad angherie psicologiche e fisiche solo perché pretendete di andare a lavorare o a scuola e magari timbrare il cartellino in orario e ascoltare le lezioni fin dall’inizio.

Girano leggende metropolitane agghiaccianti: dal modello matematico elaborato da un geometra della Bassa Comasca per riuscire ad armonizzare i vari ritardi e prendere tutte le coincidenze lo stesso, oggetto di studio da parte degli scienziati dell’università di Harvard, all’assiduo pendolare della Cintura comasca che, nel giro di alcuni anni, si è fatto la seconda casa in montagna grazie ai “bonus ritardi” accumulati, al raro esemplare di studente di Ponte Lambro, arrivato in orario alle lezioni e finito sotto spirito per essere studiato anche dalle prossime generazioni e dell’anziano di Lomazzo che racconta ancora ai nipotini di quella volta che ha perso il treno perché si è presentato due minuti dopo ed era invece incredibilmente partito, per l’unica volta, in orario.

Scherziamo è ovvio. Ma d’altra parte a prendere sul serio la trovata di Trenord, questa sottile strategia di comunicazione, ci sarebbe da mettere mano ai forconi. Piuttosto chiediamoci come mai, questo carrozzone di carrozze, binari, stazioni e locomotive nato e cresciuto nell’efficiente lombardia confinante con la Svizzera (non a caso i convogli meno disagiati sono quelli transfrontalieri, i Tilo), non riesca a mettersi al passo con il contesto. Vero che il primo treno della storia d’Italia, quello da Napoli e Portici è nato a Sud quando lì ancora Italia non era, ma ormai i borboni che lo inaugurarono sono oggetti di nostalgie anacronistiche. E la tecnologia ha fatto quei passi avanti sufficienti a garantire un servizio quantomeno normale.

A Trenord e a Regione Lombardia, in tono sommesso andrebbe ricordata la parabola della pagliuzza individuata nell’iride altrui da cui presenta una trave nella medesima posizione. Questo quotidiano che pure ha anche lui le sue magagne, perlomeno non si sogna di darne la colpa ad altri. E, poiché tiene alla salute e all’umore dei propri lettori, anche di coloro che sono costretti a fare una vita da pendolari e magari neppure leggono il giornale sul treno, sarebbe ben felice di registrare e diffondere performance di efficienza da parte dei convogli di Trenord. Nell’attesa e nella speranza che questo avvenga, dobbiamo fare di necessità virtù e continuare a segnalare ritardi, cancellazioni, soppressioni e guasti. E la nostra mission. Se ne venissimo meno faremmo la fine di un treno lasciato sul binario morto perché non funziona più.

@angelini_f

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