Como: la vergogna
sia la molla per ripartire

Adesso che il Covid si è ripreso i riflettori, siamo tutti più tranquilli. Specie a palazzo Cernezzi le cui piccinerie, inefficienze, sciatterie amministrative, atti di costante disumanità perpetuati in nome di principi politici sempre più sbiaditi ma forse ancora convenienti per qualcuno, tornano in un confortevole cono d’ombra.

Peccato che la devastante rimonta del virus non possa nascondere le solite scene di miseria materiale e morale quotidiana che vanno in onda davanti all’ex chiesa di San Francesco come un osceno reality di cui i comaschi sono spettatori sempre meno interessati. Si sa a tutto ci si abitua. E forse è questa la linea su cui si stanno muovendo le “strategie” politiche in Comune. Come in una rappresentazione di Eduardo “ha da’ passa a nuttata”. E tanto peggio per quelli che la notte, oltretutto in epoca di coprifuoco, sono costretti a trascorrerla all’addiaccio in condizioni che hanno poco di umano, a due passi dal centro di una città evoluta del Nord angosciato ma ancora produttivo e all’avanguardia. Uno show, uno spot ma anche una vergogna. Solite cose direte voi lettori affezionati di questo spazio che la storia del senzatetto lasciati lì scientemente, del dormitorio deciso ma non realizzato dal decoro, della dignità e, last but not least, dell’umanità che non c’è, l’avete letta forse mille volte.

Ma adesso, con l’arrivo del freddo, è dura assuefarsi. Perché oltre a ciò che si vede ci sono anche le realtà che non appaiano perché non si trovano in luoghi esposti o di passaggio. Come Rebbio, dove nell’oratorio, secondo quanto segnalato dall’ex consigliere comunale Patrizia Maesani, che ha lasciato il palazzo dopo la vittoriosa quanto, ahinoi di Pirro, battaglia sul dormitorio. (e l’evocazione dell’ex re dell’Epiro nemico di Roma non è responsabilità sua), ci sono due mamme con bambini che dormono in giacigli di fortuna improvvisati nel salone del bar dell’oratorio. E che nell’”hotel” di don Giusto, c’è il tutto esaurito nonostante la crisi del turismo. Per tacere di tante altre situazioni occultate alla vista sempre di oratori, o “location” vicine ad altre parrocchie che danno rifugio ai disperati e rappresentano una smentita urlata nel silenzio ai sostenitori della tesi per cui di posti negli attuali dormitori ve ne sarebbero anche troppi, alcuni in cerca di occupanti. La soluzione annunciata dal presidente dell’amministrazione provinciale, Fiorenzo Bongiasca, che metterà, si spera a breve, a disposizione spazi nell’ex caserma dei carabinieri di via Borgo Vico, aiuta ma non risolve. E già si preannunciano reazioni, anche comprensibili, dei residenti della zona che, come molti, riconoscono l’esistenza della polvere ma preferiscono pensarla sotto al tappeto non vicino al salotto di casa.

Invece noi comaschi, dovremmo forse vergognarci un po’. Non perché la cittadinanza abbia responsabilità in questa situazione, se non quelle, del tutto colpose, dell’esercizio del voto in alcune direzioni. Ma perché non lo fanno i nostri amministratori: specie quelli che hanno detto sì al dormitorio in consiglio comunale e ora imitano gli struzzi e coloro che dovrebbero mettere in pratica la volontà democratica dell’assemblea cittadina avendo il potere e gli strumenti per farlo. Anzi, visto che ormai con l’attuale “managment” municipale, il problema resterà irrisolto, quello della vergogna potrebbe essere il tema della prossima campagna elettorale ormai alle porte. Ci sono forze vive in città, anche e soprattutto all’esterno di quelle politiche, che già stanno riflettendo. Quello della vergogna su un tema come quello di San Francesco che, parole non di un “tupamaros” ma dell’imprenditore Giampiero Maiocchi, la vecchia politica avrebbe risolto in poche ore, potrebbe essere un tema trasversale, cui costruire qualcosa, anche di inaspettato da proporre all’elettorale per far rinascere una Como diversa da quella in cui stiamo vivendo.

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