Crosetto Badoglio e la storia senza alunni

Come sempre, dietro i momenti più drammatici si annidano aspetti grotteschi. Pensate all’8 settembre, un’immane tragedia nazionale segnata dalla fuga della famiglia reale che riesce a uscire tranquillamente da una Roma assediata dai tedeschi e ad attraversare in tranquillità l’Appennino per ritrovarsi in riva al mare con la nave corvetta “baionetta” diretta a Brindisi assaltata dagli ufficiali che avevano abbandonato al loro destino i soldati addosso a cui si erano già avventati gli ex alleati germanici.

Nel caso della dichiarazione dell’altro ieri del ministro della Difesa, Guido Crosetto, la nota grottesca è doppia. Nell’affermare che l’Italia non è pronta a sostenere un attacco russo, l’esponente governativo non si rende conto della tragica ovvietà delle sue parole. Perché se Mosca dovesse attaccarci, certo non riprenderebbe i piani dell’epoca della Guerra Fredda che prevedevano un’offensiva dell’Armata Rossa attraverso l’Ungheria per piombare poi, tramite l’ex Jugoslavia, nella Pianura Padana. In caso di offensiva, infatti, la guerra sarebbe tra la Russia e la Nato con un escalation nucleare. Chi potrebbe essere pronto a una simile eventualità?

La seconda nota grottesca, forse ancora più rilevante della prima, riguarda il controcanto che, un altro ministro, Matteo Salvini, ha fatto a Crosetto dicendo che il problema non è l’eventuale attacco dei russi, ma gli stranieri che vengono a delinquere in Italia. A parte che c’entra come le pere con le banane, va detto che, anche se criminali incalliti queste persone difficilmente si presenteranno ai nostri confini muniti di droni o missili con testata nucleare. Insomma, di fronte al rischio di un’escalation senza ritorno per l’intera umanità, da noi la situazione resta grave, ma non seria. E purtroppo l’8 settembre, l’ognun per sé, almeno nei prodromi, aleggia sempre da queste parti.

La storia si ripete sempre e se è vero che è maestra, quasi sempre, come sosteneva Antonio Gramsci, non ha alunni. Perché il Crosetto che rimanda al 2031 l’appuntamento con lo scudo che potrà difenderci (forse) riecheggia, in pubblico, il maresciallo Badoglio che, in privato dati i tempi, aveva comunicato a Benito Mussolini che sarebbero serviti tre anni (dal 1940 al 1943) per poter attrezzare l’esercito a combattere nella Seconda guerra mondiale. Com’è noto, il Duce non ha avuto pazienza e si è visto com’è andata a finire.

D’altra parte l’Italia non è mai stata pronta per combattere, ancor prima che diventasse Italia. Lo si è visto nel 1849, quando, nella Prima guerra d’indipendenza, l’esercito sabaudo era andato incontro una disfatta contro quello austriaco tale da provocare l’abdicazione di re Carlo Alberto. E anche gli altri due grandi conflitti del Risorgimento nazionale avevano visto i piemontesi poi italiani vincitori solo grazie all’apporto decisivo della Francia prima e della Prussia (futura Germania) poi.

Anche nella Prima guerra mondiale, Vittorio Veneto era stata preceduta da Caporetto e dalle sterili e sanguinose offensive dell’Isonzo volute con criminale testardaggine dal generale Luigi Cadorna a cui restano, incomprensibilmente intitolate strade e piazze. Insomma, l’Italia non è mai stata preparata alla guerra, spesso tenuta in piedi da atti di eroismo individuali. A volte (rare) è andata comunque bene: adesso l’unica certezza è, nel caso, che non sarà così.

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