Grand tour sul Lario
Un “Ordine” speciale

Viviamo in un Paradiso: lo scrisse l’autrice di “Frankenstein” Mary Shelley, e proprio con la lettera maiuscola, riferendosi al lago di Como. Per la precisione: a quel triangolo delle meraviglie compreso tra Chiavenna, Como e Lecco, città che assieme potrebbero sviluppare itinerari di grande interesse internazionale dedicati agli autori del Grand Tour. Qualche spunto utile lo si troverà su “L’Ordine” in edicola domani con “La Provincia”: un numero interamente dedicato ai protagonisti del Grand Tour,in occasione del 350° anniversario del libro “The voyage of Italy” in cui il prete-scrittore Richard Lassels utilizzò per la prima volta questo termine.

Abbiamo ceduto la parola direttamente a loro, ai grandi autori del passato, proponendovi delle traduzioni originali di brani scelti, curate da nostri collaboratori (Claudia Cantaluppi dall’inglese, Stefano Lamon dal francese e Mattia Mantovani dal tedesco) e opportunamente contestualizzate. Anche le immagini che le accompagnano non sono casuali: si tratta di stampe e di foto colorate a mano coeve agli scritti.

Alla fine dell’estate che ha visto tra i principali testimonial del territorio lariano Diletta Leotta e Chiara Ferragni, alle quali siamo debitori di una paio di post su instagram in cui hanno promosso l’immagine del Lario e dei monti circostanti (di sfondo alla propria, naturalmente), ci piace partire nel nostro viaggio letterario da due donne. Non per instaurare paragoni, fare morali o stilare classifiche, bensì soltanto per esercitare la memoria, ovvero per non correre il rischio che, mentre tutti si concentrano sull’ultimo “cinguettio” della celebrity di turno, vada perso un patrimonio culturale e letterario con cui si possono riempire non solo le biblioteche, ma anche le guide turistiche. Esattamente 200 anni orsono soggiornò da queste parti la scrittrice e poetessa Lady Morgan, pioniera della causa irlandese e di quella femminile, dedicando poi una trentina di pagina al territorio comasco nel suo libro “Italy”. E 180 anni fa gli stessi luoghi ospitarono per ben due mesi proprio Mary Shelley, che dedicò alla loro descrizione un intero volume: il primo del trittico “Rambles in Germany and Italy”, appena uscito in traduzione italiana con il titolo “A zonzo sul lago di Como”, a cura di chi scrive e di Claudia Cantaluppi. Se il personaggio di Lady Morgan è da riscoprire, e meriterebbe un film come è accaduto a William Turner, altro grande promotore del lago di Como attraverso la sua arte, Mary Shelley non è mai stata tanto “trendy” come oggi: non solo il cinema, ma anche il teatro e le serie tv da qualche anno ci stanno proponendo la sua figura e la sua opera come chiavi di lettura del mistero e della modernità. E si prestano bene anche per leggere e raccontare in modo diverso e avvincente la landa che si stende tra Como e lo Spluga.

Le altre “firme” di questo numero de “L’Ordine” sono: lo stesso Lassels, che nel suo libro del 1670 già cita il Lario; il marito di Mary, Percy Bysshe Shelley, che nel 1818 invitò (invano) Lord Byron a trascorrere l’estate insieme a Villa Pliniana di Torno descrivendola come uno dei luoghi più belli del mondo; Franz Listz, che nel 1837 visse sulle sponde lariane uno straordinario idillio amoroso e creativo; infine Stefan Zweig e Mileva Maric, quest’ultima con il futuro marito Albert Einstein, ultimi epigoni del Grand Tour all’alba del Ventesimo secolo.

È più che mai valida, nel mondo globale spaventato dal Covid-19, la massima di Lassels secondo cui «viaggiare rende saggi». E farlo seguendo le storie e le suggestioni lasciateci da questi grandi del passato, amplifica l’esperienza e l’emozione. Soprattutto in un territorio come il nostro dove, nonostante le speculazioni edilizie del ’900, i luoghi del Grand Tour sono ancora in gran parte visitabili. Quanto sia stata importante questa “conservazione” del patrimonio paesaggistico lo sottolineò nel 1990 Roger Corman, regista di una rivisitazione cinematografica dell’estate del 1816 in cui Mary Shelley inventò “Frankenstein”: il fatto che lo avessimo tutelato meglio degli svizzeri, lo spinse a spostare l’azione dal lago di Ginevra, dove avvenne realmente, a quello di Como.

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