
La morale. Il moralismo. Il catonismo. La pedagogia. La sociologia. L’etica. La bella società. La bella politica. La bella edilizia.
L’aspetto di gran lunga più inquietante dell’inchiesta che sta mettendo sottosopra la giunta milanese e tutto il progetto di sviluppo urbanistico ed edilizio che è connaturato con la capitale del nord dai tempi del sindaco Albertini fino a oggi non è quello strettamente giudiziario. Quello va per la sua strada e farà tutti i passi che dovrà fare, con la strisciante sensazione che gran parte delle contestazioni a politici e imprenditori finirà in niente o quasi niente, ne abbiamo così viste di iniziative di questa matrice partite come un fiume in piena e finite per denutrimento in un torrentello in secca. Ma, insomma, aspettiamo.
E non è neppure interessante l’avvilente bagarre politica scatenatasi attorno all’avviso di garanzia al sindaco di Milano, tutto già visto mille volte, in tutta Italia e in tutti i partiti. Tutti garantisti quando ci sono di mezzo i tuoi e tutti forcaioli quando ci sono di mezzo gli altri. E non c’è verso, sono trent’anni che scatta il riflesso pavloviano della demagogia stracciona, nella quale tra l’altro cascano sempre meno cittadini mentre invece i partiti non riescono proprio a farne a meno anche perché di altri argomenti, più seri, non ne hanno e quindi non gli resta che quello: ululare alla luna quando un giudice ti fa comodo e gridare al complotto quando ti fa uno sgarro. E non parliamo dei media, tutti attaccati a questo o a quel carro, che ormai è tempo perso.
Il tema più interessante è vedere come dalle carte della Procura di Milano, così povere di sostantivi e così ricche di aggettivi e avverbi e ottativi, ci sia un obiettivo che non si limita al fatto di accertare responsabilità penali individuali, ma di appropriarsi di una funzione che prevede la sostanziale “criminalizzazione” della politica in quanto tale e, soprattutto, della logica del profitto in quanto tale. Una ideologia anticapitalista, una battaglia etica, moralizzatrice, di riequilibro delle storture innate nella società occidentale, di cui Milano in Italia è l’espressione compiuta ed eclatante.
E’ per questo che si parla di “sistema Milano” e non di eventuali reati nelle opere di Milano, perché in quel sistema gli imprenditori che, nella più consolidata cultura italiana, sono soggetti disonesti a prescindere, disonesti “in sé”, si muovono per creare ricchezza che, in un paese cattocomunista come il nostro, è comportamento di per sé sospetto, probabilmente illecito e sempre immorale. Una cosa di cui dovrebbero vergognarsi. E’ questo il marcio del sistema Milano, secondo la visione puritana della Procura, che infatti certifica come “predatoria” l’attività di impresa e nelle carte parla di “immoralità”, di “avidità”, di “etica industriale”, di “alta redditività”, di “modello economico” di “sospetto di speculazione edilizia”, di “massimizzazione del profitto”, di “fini di arricchimento” eccetera eccetera.
Ma questi non sono reati. Questo non è codice penale. Questo è un programma politico. E che c’entra tutto questo con la giustizia? Un’inchiesta talmente “filosofica” da raccogliere le critiche pure di Antonio Di Pietro, non certo il nume tutelare del garantismo, secondo il quale c’è un dato di fondo che lascia perplessi: “Mi pare l’ennesima inchiesta fondata sulla pesca a strascico, non si indaga su un reato, ma su un intero fenomeno”. E l’errore di base è pensare che le tangenti di oggi, che hanno sostituito le bustarelle, siano le consulenze. Di certo qualcuna lo è, ma pensare che tutte le consulenze siano bustarelle è una follia, è un processo alle intenzioni, è una caccia alle streghe, tra l’altro senza prove. Perché spesso le consulenze sono reali necessità. Dice ancora Di Pietro: “Per costruire grattacieli a Milano non ti puoi affidare a un geometra di Canicattì, ma a chi quel lavoro lo sa fare”.
Milano è l’unica città europea d’Italia e come tutte le vere città europee ha il vantaggio del dinamismo, della attrattività di capitali, dello sviluppo vertiginoso - il comparto di Porta Nuova è un caso di scuola per chi ha l’età per ricordarsi che schifo era prima quella zona di Milano - di opportunità per le imprese, per i giovani, per le carriere. Nessuna persona onesta lo può negare. Al contempo, ha tutti i problemi – gravissimi, insopportabili - delle grandi capitali europee: il costo della vita altissimo (vogliamo parlare di quanto è cara Parigi? di quanto è cara Londra?), l’espulsione della classe media dal centro, la ghettizzazione di chi non ce la fa, la costruzione di un Eden per super ricchi alla faccia di tutti gli altri. Sono problemi veri, spesso eticamente non accettabili, che dovrebbero spingere tutti a un ripensamento condiviso del famoso modello di cui sopra.
Ma questa è un’analisi culturale, è una visione di sviluppo sociale, comunitario e urbanistico. Non è malaffare. Non è argomento da codice penale. Ma come, i magistrati si mettono a fare il lavoro che dovrebbe fare la politica? E’ vero che la politica italiana ed europea è affetta da un tale nanismo, da un tale servilismo nei confronti della finanza, da un tale ignorantismo che chiunque passa da queste parti fa quello che vuole e le ordina di fare quello che vuole. E’ vero. Ed è uno scandalo.
Ma se il supplente diventa il giudice allora è davvero finita. Se la magistratura si appropria di una visione etico-dirigista e condisce le proprie inchieste con giudizi morali che orientano e condizionano la politica e l’impresa - basta un sequestro patrimoniale e sei fregato – insomma, se il magistrato non è più solo il tutore della legalità, ma il sacerdote della guerra del Bene contro il Male, a quel punto la ricchezza viene trasformata in una colpa. Praticamente in un reato. Fare soldi è un reato.
E’ vero, la ricchezza spesso fa schifo, è arrogante, fa perdere la testa e il rispetto degli altri. Non sempre, ma spesso. Però lo Stato etico dei giudici anche no, grazie.
@DiegoMinonzio
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